“Doc – Nelle tue mani”: incontro con il cast del medical drama di Rai 1

Novità sui nuovi episodi e sull'evoluzione dei personaggi, ma anche sensazioni dal set post-lockdown

Dopo lo strepitoso esordio di qualche mese fa, dove ha conquistato il pubblico, il medical drama “Doc – Nelle tue mani” è tornato su Rai 1 giovedì 15 ottobre per concludere la sua prima stagione, stoppata dalla pandemia in primavera.

Abbiamo incontrato gli attori Luca Argentero, Matilde Gioli, Sara Lazzaro, Gianmarco Saurino e Giovanni Scifoni e il regista Jan Maria Michelini a Roma, per farci raccontare qualcosa in più sui nuovi episodi, ma soprattutto per conoscere emozioni e retroscena del ritorno sul set post-lockdown.

 

Com’è stato tornare sul set dopo il lockdown?

Luca Argentero: È stato bellissimo. Tornare a lavorare voleva dire tornare alla normalità, se pur non completa. E poi venivamo dal grande successo della prima parte della stagione e quindi non vedevamo l’ora di completare questi piccoli francobolli per chiudere finalmente la nostra storia in modo che il pubblico giungesse alla fine del primo arco narrativo.

Matilde Gioli: Siamo stati interrotti sul finale e quindi eravamo sospesi, come il pubblico. Dopo mesi di clausura senza contatti è stato bello tornare, vedere le persone, scambiare due parole, anche se con un protocollo serio e rigido da seguire e a distanza di due metri. Chiaramente alcune cose diverse c’erano, alcune scene di contatto, ad esempio, sono state leggermente modificate.

 

Ci sono punti di contatto, tra te e il tuo personaggio?

Gioli: Io e Giulia siamo due donne molto diverse. Lei è una dottoressa seria e devota al suo lavoro. Ha sposato un modo di fare medicina che prevede poca umanità ed empatia. Avrà una bella evoluzione nella storia perché, insieme a Fanti, dovrà cambiare punto di vista. Io sono invece fortemente empatica, quasi invadente. È stata una bella sfida interpretare un personaggio che non mi somiglia.

Sara Lazzaro: Agnese è molto diversa da me, io ad esempio tendo a essere più empatica e ironica, ma ho dovuto comunque attingere anche ad alcune mie qualità e poi trasformarle, per risultare credibile. È stimolante interpretare un personaggio così.

Gianmarco Saurino: Sì e no. Quella che va in scena è comunque la tua voce, il tuo corpo, quindi è naturale che qualcosa di tuo ci sia. Ci sono elementi caratteriali che mi accomunano a Lorenzo, come il fatto di essere protettivo. Il resto è pura creazione ed è la parte più divertente del lavoro.

Il protagonista Andrea ha una sorta di seconda occasione per cambiare la sua vita e ciò che non va. Tu credi nelle seconde occasioni, e sai sfruttarle?

Giovanni Scifoni: È il grande tema del giudizio. Noi giudichiamo le persone dalla prima occhiata e pensiamo siano quello che abbiamo “visto” e basta. Credere nelle seconde occasioni è un po’ credere nell’essere umano, che possa essere diverso dall’immagine superficiale che noi ci siamo fatti.

Gioli: A me è capitato di averne una grossa, di seconde occasioni, e quando ti accade la sfrutti al meglio. Penso che questo tema stuzzichi la riflessione degli spettatori.

 

Avete sentito il peso di interpretare dei medici in un periodo storico in cui queste figure sono così importanti?

Gioli: In realtà abbiamo avuto il timore di essere inopportuni, dato il periodo. Ma i tanti messaggi di medici, infermieri, Oss ci hanno rassicurato, e sono stati davvero belli da ricevere.

Lazzaro: Penso che sia stata un’opportunità per vedere l’umanità dietro a queste figure fondamentali. Spostare quindi l’attenzione su queste persone che tornano a casa, vivono, hanno paura e che stanno dando la loro vita per il benessere comune, credo sia stato il valore aggiunto che abbiamo dato andando in onda in un momento storico come questo.

 

Da regista, qual è secondo te la chiave del successo di “Doc – Nelle tue mani”?

Jan Maria Michelini: La chiave del successo, oltre che una in scrittura brillante, sta nella preparazione. Volevo che questa serie avesse un realismo, un modo di operare che non si opponesse alla narrazione ma che la integrasse. Abbiamo prima di tutto dovuto prendere atto della serietà con cui i medici fanno il loro lavoro. Abbiamo frequentato il reparto di medicina interna, che è un reparto molto sherlockiano, in cui i medici devono capire un po di tutto ed essere estremamente empatici. Questo secondo me è passato al pubblico, oltre al cuore caldo della serie che sono le storie che raccontiamo con un approccio umano che il dottor Fanti comprende grazie al trauma che ha subito.