di Gianluca D’Alessandro
Un film di Alexandros Avranas. Con Jim Carrey, Robert Wieckiewicz, Agata Kulesza, Charlotte Gainsbourg, Marton Csokas. Thriller, 100′. USA, Polonia, Gran Bretagna 2016
Tadek è “l’ultimo poliziotto onesto della Polonia” e vuole coronare la sua carriera con un ultimo successo. Indaga infatti un caso irrisolto, di alcuni anni prima: il brutale omicidio dell’abituale frequentatore di un club BDSM, The Cage. Tadek nota che vi si è recato spesso anche lo scrittore, Kozlow, che in un romanzo ha raccontato un omicidio pressoché identico. Partendo proprio dal testo letterario, il detective indaga lo scrittore e la sua compagna Kasia, che è una ex ragazza del The Cage. L’indagine è però mal vista dai superiori, che preferirebbero se ne andasse in pensione in fretta, così come non è supportata dalla glaciale famiglia di lui, trascinata in un baratro dall’ossessione dell’uomo. Kozlow infatti accusa Tadek di perseguitarlo, alzando la posta in gioco della sfida e facendone una questione personale.
Ci sono film come “Midnight in Paris” e “Sing street” dov’è bellissimo immaginare di andare a vivere, per la fotografia, per l’atmosfera. E poi ce ne sono altri, come “Dark crimes”, terzo lungometraggio di Alexandros Avranas, dove nessuno vorrebbe vivere, probabilmente nemmeno gli stessi personaggi.
Il cineasta greco, che nel 2013 si è aggiudicato il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia per “Miss Violence”, decide stavolta di cimentarsi con un progetto di maggiore spessore, con un cast di rilievo tra cui spicca Jim Carrey. Un po’ come ha fatto il connazionale Yorgos Lanthimos con “The Lobster”.
Ambiguo fino all’ultima inquadratura, “Dark crimes” procede attraverso dinamiche noir in un incipit narrativo semplice. Un caso complesso, un uomo dal passato difficile e la volontà di far trionfare a tutti i costi la giustizia, anche se questa emerge in realtà solo a parole e mai dalle azioni del protagonista.
Tadek (Carrey), definito l’ultimo poliziotto onesto della Polonia, è solo uno dei tanti personaggi distrutti emotivamente in un mondo spietato, freddo e senza emozioni. Il regista è bravissimo a far percepire quei pochissimi sorrisi innocenti come qualcosa di alieno e fuori luogo, in un ambiente che ha perso la capacità di risalire la china.
Il brutale omicidio su cui indaga il protagonista coinvolge uno scrittore e una prostituta, che sembrano essere colpevoli di qualcosa fin da subito, ma il non detto suscita dubbi e perplessità, rischiando di far annoiare lo spettatore che vorrebbe essere più partecipe.
Avranas, fortunatamente, riesce a creare un’atmosfera lugubre ma intrigante: da un lato vorresti allontanarti il più possibile, dall’altro vuoi sapere i retroscena della storia, cosa muove questi personaggi tanto autodistruttivi.
La durata tutto sommato breve (“solo” 100′) è un altro pregio di “Dark crimes”, che non svela mai troppo, trovando un buon equilibrio nel suo essere volutamente ambiguo.