È uscito il 14 gennaio per Fazi editore “Cuori vuoti” di Juli Zeh, un romanzo distopico decisamente particolare, che dipinge uno scenario inquietante perché tremendamente realistico. Uno scenario da brivido, che ci sembra possa concretizzarsi domani…
Siamo nella Germania del 2025, in un’epoca post Trump, Brexit e Frexit funestata da una crisi finanziaria globale, da migrazioni di massa e dal trionfo di un movimento ultrapopulista che è salito al governo.
Britta e il socio Babak hanno fondato uno studio di counseling alternativo, il Ponte, che li ha resi ricchi. Grazie a un algoritmo, intercettano papabili suicidi e li preparano, tramite un percorso in vari livelli, a morire per una giusta causa, con azioni programmate con precisione quasi chirurgica. Risultati eclatanti, zero o quasi “morti collaterali”. La parola d’ordine è efficienza, l’empatia è messa al bando.
Le cose vanno a gonfie vele – fra i clienti del Ponte c’è anche l’ISIS – e Britta è fiera del fatto che, grazie al suo studio, ha messo fine all’anarchia terroristica. Fino a un misterioso attentato all’aeroporto di Lipsia, che non sono stati loro a organizzare. Che un pericoloso concorrente si profili all’orizzonte?
“Cuori vuoti” unisce, alla distopia il thriller politico, e spinge a porsi domande quanto mai attuali. La prima, la più importante: il fine giustifica – sempre – i mezzi? Per ottenere un obiettivo chiamiamolo “alto”, un obiettivo positivo, si può ricorrere a qualunque mezzo?
La protagonista del romanzo, Britta, che fino a quel momento aveva gestito la sua attività in modo pragmatico e cinico, facendo dell’efficienza e della mancanza di emozioni la sua corazza, sarà chiamata a dare una risposta, a prendere una posizione. Agendo in un modo potrebbe cambiare il mondo in meglio, ma privando “il popolo” della libertà di scelta. Agendo in un altro, tutto resterà com’è, “i cattivi” resteranno al potere, ma la democrazia sarà salva. Cosa fareste voi? E in ultima analisi, è giusto che una persona soltanto sia messa nella condizione di dover decidere, in un senso o nell’altro?
“Cuori vuoti” è un romanzo pungente, toccante, doloroso. Un romanzo che colpisce in generale, e che a me in particolare ha colpito attraverso il personaggio di Julietta, una giovane aspirante suicida che si presenta nell’ufficio del Ponte in cerca di un posto nel programma.
Alla fine si riflette sul presente, sulla democrazia, sulle derive autoritarie possibili – e così tanto possibili e concrete che è impossibile definirle solo fiction. Ma anche sul senso stesso della vita. Sul motivo per cui siamo qui, su quello che saremmo disposti a fare – o non fare! – per un mondo migliore (o peggiore, chissà).