Di Kristen Stewart. Con Josh Kaye, Sydney Lopez. Cortometraggio, 18’. USA, 2017
Acqua, acqua e ancora acqua: non la chiede un assetato nel mezzo al deserto, ma il protagonista (Kaye) dell’indecifrabile cortometraggio diretto da Kristen Stewart e presentato in pompa magna al Festival di Cannes nella sezione Eventi speciali.
Il sottoscritto, invece, è assetato sul piano drammaturgico non trovando, sicuramente per proprio demerito, una chiave di lettura o un appiglio per spiegarvi l’intreccio di “Come swim”.
Un giovane uomo con un lavoro ordinario, frustrato dai ricordi di una relazione fallita, che smania di bere da ogni possibile fonte (rubinetto, bottigliette, oceano).
Una voce fuoricampo, che appartiene alla stessa regista, che gli ricorda continuamente l’amor perduto. Un continuo cambio di scene, tra realtà e finzione.
Il sottilissimo e confuso fil rouge che tiene insieme questo miscuglio di suggestioni è l’acqua, immaginata probabilmente come principio e fine di ogni individuo.
Se il corto è francamente indigeribile, la regia di Kirsten Stewart mostra discrete potenzialità e una visione artistica e creativa che potrebbe, in futuro e con una maggiore esperienza, offrire all’attrice americana un’arma in più.
La Stewart, che generalmente non brilla per simpatia, questa volta si è sacrificata per un paio di selfie con i fan, prima di fuggire con il suo staff.
L’acqua sarà anche vita, ma dopo questo cortometraggio si ha più il desiderio di bere una bella birra, per dimenticare.