Un film di Matthew Fifer, Kieran Mulcare. Con Matthew Fifer, Sheldon D. Brown, Sandra Bauleo,
Jazmin Grace Grimaldi, Cobie Smulders. Drammatico, 96′. USA 2020
Dopo una seri di incontri infruttuosi e imbarazzanti con le donne, Ben, un giovane bisessuale, si riaffaccia al mondo gay e sviluppa un’intensa relazione con Sam, un uomo di colore alle prese con ferite profonde. Mentre l’estate avanza e la loro intimità cresce, il passato di Ben viene a galla.
Nato dalla penna di Matt Fifer e basato su fatti reali, “Cicada” è un film molto intenso e particolare che esplora temi legati al trauma e all’identità in maniera intelligente, anche se a tratti molto lenta.
Estate 2013, in una New York invasa dalle cicale dopo quasi trent’anni, Ben è un giovane ragazzo bisessuale che si dimostra distaccato e assente. Tra il lavoro in ufficio e un tempo libero investito nel procacciarsi avventure sessuali occasionali, Ben si aggira per la città senza meta quando incontra Sam. Tra i due nasce una complicità che li porterà a costruire un rapporto tanto profondo da costringere entrambi a svelare e a confrontarsi con le reciproche insicurezze e traumi passati, nascosti in una scatola sotto il letto.
Complice il fatto di aver lavorato alla sceneggiatura, Matt Fifer dirige il film in modo delicato e intimo, con grande consapevolezza di come contestualizzare ogni scena nello spazio di New York. Ogni immagine è un perfetto equilibrio di colori e contrasti; la posizione di ogni elemento, dalle persone agli oggetti, è studiata nei minimi dettagli.
I personaggi principali, Ben e Sam, non solo sono credibili ma riescono nella straordinaria impresa di distrarre lo spettatore dalle categorie etniche e di genere per farlo riflettere su problemi umani profondi e universali. Il merito, oltre che della sceneggiatura, è anche della grande alchimia che si è creata tra Fifer e Sheldon D. Brown, che recitano con grande credibilità e naturalezza.
Unica pecca del film, secondo me, è il ritmo con cui il filo della matassa della storia si sbroglia. Lo spettatore, a volte, si distrae e si perde, ma viene prontamente ripreso o da una musica, perfettamente in sintonia con l’azione, o dalla recitazione, magnetica e assolutamente autentica.
Alla fine di “Cicada”, nell’assordante rumore di cicale che incalza e aumenta, lo spettatore sente di dire addio a un personaggio, Ben, ormai diventato familiare e catalizzatore di una storia molto ben costruita su come l’identità si formi sulla base di traumi che mai veramente riusciamo a superare finché non troviamo uno spazio e un tempo per raccontarli.