Ci sono onde che arrivano e travolgono per sempre la superficie calma della vita. Succede a Luna, bimba albina dagli occhi così chiari che per vedere ha bisogno dell’immaginazione, eppure ogni giorno sfida il sole della Versilia cercando le mille cose straordinarie che il mare porta a riva per lei. Succede a suo fratello Luca, che solca le onde con il surf rubando il cuore alle ragazze del paese. Succede a Serena, la loro mamma stupenda ma vestita come un soldato, che li ha cresciuti da sola perché la vita le ha insegnato che non è fatta per l’amore. E quando questo tsunami del destino li manda alla deriva, intorno a loro si raccolgono altri naufraghi, strambi e spersi e insieme pieni di vita: ecco Sandro, che ha quarant’anni ma vive ancora con i suoi, e insieme a Marino e Rambo vive di espedienti improvvisandosi supplente al liceo, cercando tesori in spiaggia col metal detector, raccogliendo funghi e pinoli da vendere ai ristoranti del centro. E poi c’è Zot, bimbo misterioso arrivato da Chernobyl con la sua fisarmonica stonata, che parla come un anziano e passa il tempo con Ferro, astioso bagnino in pensione sempre di guardia per respingere l’attacco dei miliardari russi che vogliono comprarsi la Versilia.
Non è semplice, per me, recensire questo libro. È uno di quei casi in cui, una volta conclusa la storia, mi sono serviti dei giorni per riprendermi, per prendere le distanza dalle vicende e dai personaggi, per immergermi in un nuovo romanzo.
Lo avrete capito dalla premessa, ho amato profondamente “Chi manda le onde” di Fabio Genovesi. Ho conosciuto l’autore attraverso questa storia e conto di leggere presto qualcos’altro di suo. Perché questo è un libro che ti resta dentro, che ti tocca profondamente. Che si fa apprezzare sotto molti punti di vista: per come è scritto, per ciò che racconta, per la fitta trama di storie e personaggi che riesce a intrecciare. Un libro che fa desiderare di leggersi tutta la bibliografia dell’autore.
I protagonisti sono dei diversi, tutti a loro modo speciali, accomunati – con qualche eccezione che però si caratterizza più come una deviazione occasionale dal percorso che come una costante – dall’ambientazione. Le storie si svolgono tutte in Versilia, a Forte dei Marmi, i monti alle spalle, la costa davanti, e non è esagerato dire che il mare riveste un ruolo di primo piano.
Conosciamo sin dalle prime pagine Luna, una bambina albina piena di voglia di fare, che vive con la madre, la battagliera e anticonformista Serena, e il fratello maggiore Luca, un vero e proprio leader, che tutti ammirano, nonostante lui non faccia nulla per attirare l’ammirazione altrui.
A questo trio se ne alterna, pagina dopo pagina, un altro – quello composto dai tre amici Sandro, Marino e Rambo, immagini scoraggianti e scoraggiate dei 40enni italiani di oggi, eterni bamboccioni incapaci di farsi strada, intrappolati a vita nel ruolo di figli, costretti a dormire ancora nella vecchia cameretta di quando erano piccoli. Costretti sì, ma senza nessunissimo desiderio di cambiare le cose.
Cosa dire poi del piccolo Zot, arrivato in Italia da Chernobyl grazie a un progetto umanitario, e del “nonno” Ferro, che con i suoi fucili difende la casa dai conquistatori stranieri? Onore alla fantasia di chi ha saputo dar vita a personaggi così.
Uno dei punti di forza della storia è quello di alternare i punti di vista. Le voci di questo libro sono tantissime – da quella delicata di Luna a quella forte di Serena, da quella del quarantenne Sandro ancora in cerca di una sua identità a quella del cagnolino privilegiato – e tutte sono perfettamente caratterizzate. Non avvertiamo lo spostamento di prospettiva solo attraverso le parole “pronunciate” da ciascuno, ma proprio dallo stile. Ogni voce corrisponde a un personaggio, ha le sue sfumature, trasmette paure ed emozioni del possessore alla perfezione. Non è semplice variare così tanto, quando si scrive un romanzo. Non è facile dar voce in modo credibile a una bambina, a un uomo di 40 anni, a una donna distrutta. Serve una gamma linguistica ed espressiva non da poco. Genovesi dimostra di avere molti colori, sulla sua tavolozza, e di saperli utilizzare tutti.
Personaggi indimenticabili sorretti da uno stile perfetto, dietro, una trama avvincente e multiforme, capace di tenere con il fiato sospeso, divertire, commuovere. C’è spazio per pic-nic nel bosco, russi che vogliono comprare la Versilia, tersche amorose tra 70enni. E ancora statue stele scolpite da popoli misteriosi, regali portati dal mare, storie di paura.
Non pensate però che questo sia un libro incredibile, una favola, dove ai personaggi succedono soltanto cose belle. Il rischio che le cose prendessero una piega fiabesca c’era, all’autore sarebbe bastato farsi prendere la mano e spingere la storia appena un po’ più avanti, per imboccare quella strada. Invece Genovesi ha scelto di non farlo. Di tenere la vicende sui binari del reale.
E di che reale! Non mancano le tragedie, in questo libro, e i passaggi amari, dove il mondo reale si fa largo nella storia con tutta la sua durezza. Così i compagni di scuola di Luna e Zot li prendono di mira e non si risparmiano cattiverie di ogni tipo, Marino infila la madre morta nel freezer per continuare a prendere la pensione di lei, i doni e i suggerimenti del mare non portano ad altro che all’insegna di una trattoria.
Più che una fiaba, questa storia ha i contorni di una tragi-commedia. Una sottile vena di ironia attraversa tutto il libro, pronta a venire fuori in maniera massiccia alla prima occasione. Così come si avverte spesso un senso di paradossale, di assurdo, ma anche di grottesco. Insomma, siamo talmente presi dalla storia che non ci soffermiamo troppo a pensare a Marino, Rambo e la madre del primo ma… i due “baldi giovani” scongelano la donna solo per buttarla a mare con dei blocchi di cemento così che il corpo non torni a galla. Non è esattamente una buona azione!
Eppure tutto passa. Tutto coopera per arrivare al finale, che non è un punto fermo ma solo una tappa per questo gruppo eterogeneo di personaggi che ci accompagna per mano in un viaggio dentro noi stessi e dentro la vita. Che non è mai bella o brutta, giusta o sbagliata. È solo reale.