“Caterina Parr. L’ultima moglie”: recensione del romanzo di Alison Weir

Si conclude la storia di Enrico VIII e delle sue sei, sventurate in modi diversi, regine

È arrivato in libreria l’8 novembre, edito da Beat, Caterina Parr. L’ultima moglie il sesto e conclusivo romanzo della serie che Alison Weir ha dedicato alle sei regine Tudor, mogli più o meno sfortunate di Enrico VIII.

Nel 1517, Caterina Parr ha soltanto cinque anni quando suo padre muore, vittima della malattia del sudore. La madre, Maud Green, dama di compagnia della regina Caterina d’Aragona, si impegna per trovare una buona sistemazione ai tre figli. A sedici anni, Caterina va in sposa a Edward Burgh di Gainsborough, ma resta vedova dopo poco tempo. Il secondo matrimonio, con Lord Latimer, sarà più duraturo ma comunque non benedetto dall’arrivo di un figlio.

Caterina viene notata da Enrico VIII, che ha appena fatto decapitare la sua tanto amata quanto fedifraga ultima moglie, quando ha poco più di trent’anni. Nonostante la donna sia innamorata di Thomas Seymour, fratello di Jane, terza moglie del re, non può far altro che cedere.  Sposa Enrico VIII e si consegna a un’esistenza irta di ostacoli e di timori, considerata la sorte della lunga teoria di donne che l’hanno preceduta. Alla morte del re, mentre i nemici le si stringono attorno, dovrà badare a non fare parola dei segreti che potrebbero condurla al patibolo…

Caterina Parr. L’ultima mogliechiude il cerchio con la storia di Enrico VIII e delle sue consorti, raccontando, anche, gli ultimi anni di regno del re, l’ascesa al trono del suo unico figlio Edoardo, la giovinezza della principessa Elisabetta. Lo fa, come di consueto, attraverso lo sguardo di Caterina, protagonista indiscussa della storia.

Personalmente ho trovato il romanzo meno avvincente dei precedenti, soprattutto per via del ritmo, che in certi passaggi è piuttosto lento. La giovinezza di Caterina è tutto sommato felice; la sua vita accanto al secondo marito una sequela ininterrotta di spaventi e confronti con i pellegrini/ribelli del Nord.

Nel libro c’è grande spazio per la questione religiosa, per le alterne fortune di cattolici e protestanti nell’Inghilterra del tempo, tra persecuzioni, chiusura dei monasteri, trattati e discussioni. Un argomento sicuramente interessante, ma che non aiuta a dare verve alla storia.

Quando Caterina “incontra” il re e ne diventa la sesta consorte le cose di fanno più interessanti, ma comunque il passo del racconto è sempre quello: piuttosto compassato. Probabilmente, dopo la freschezza e la forza dirompente di Caterina Howard, così viva e folle e giovane, è proprio il personaggio principale a non conquistare il lettore allo stesso modo.

Questa terza Caterina è intelligente, posata, matura. È capace di destreggiarsi tra pettegolezzi e intrighi, di sopravvivere a tre mariti, di fare scelte ponderate andando anche contro i propri sentimenti. Alla fine la sua perseveranza viene ripagata con un periodo di felicità, per quanto breve e transitoria. La sua fine è triste ma raccontata in termini meno drammatici di quella di regine precedenti. E dall’alto della nostra onniscienza storica sappiamo che, morendo, si è almeno risparmiata di vedere l’amato marito intraprendere una strada senza ritorno… 

Alcuni lettori/spettatori si lamentano della sovrabbondanza di progetti dedicati ai Tudor, facendo presente che ci sarebbero anche altri periodi e personaggi interessanti su cui concentrarsi. In generale sono d’accordo, ma la serie di Alison Weir è, nel complesso, una vera chicca, ben scritta, accurata e coinvolgente. Aspettare con sicurezza l’uscita del nuovo libro mi mancherà. Ma sono curiosa di vedere a cosa si dedicherà adesso l’autrice.