Cartoline dal TFF: a caccia di tesori nascosti e pellicole meritevoli

"La felicità umana" di Maurizio Zuccaro e una serie di altri film da dimenticare velocemente

I giorni dei festival sono caratterizzati da frenesia, nevrosi, necessità di vedere più film possibile e scrivere velocemente pezzi da mandare all’impaziente caporedattore. Ai festival si dorme poco, si mangia male, si bevono tanti caffè.

Ciò nonostante può capitare, di quando in quando, una giornata tranquilla, sonnacchiosa in cui l’agenda è quasi vuota, alle otto di mattina non ci sono proiezioni e non devi correre come un pazzo da una sala all’altra.

Ecco, ieri è stata una giornata di questo tipo, per il vostro inviato, che dopo aver sbrigato le faccende di lavoro – visionando il documentario “La felicità umana” di Maurizio Zuccaro – ha potuto mettersi alla ricerca di qualche perla nascosta nel programma… anche se purtroppo, come scoprirete più avanti, i risultati sono stati modestissimi.

 

“LA FELICITÀ UMANA”: UN SAGGIO CINEMATOGRAFICO A TEMA

Un film di Maurizio Zaccaro. Documentario, 85′. Italia, 2016

Vasto come l’oceano e mutevole come il cielo stellato, il concetto di “felicità umana” è diventato l’oggetto di indagine di Maurizio Zaccaro nel corso di una vita, da quando, da studente pendolare milanese, ricorda di aver divorato “il superpocket da 350 lire de La conquista della felicità di Bertrand Russell”. Per raccontare la quest verso la comprensione attuale di uno stato emozionale così indefinibile, il cineasta si è avvalso delle suggestioni e delle opinioni più disparate provenienti dall’attraversamento geografico, politico e culturale del pianeta: questo a implicita dimostrazione che il desiderio di felicità è forse uno dei rari aspetti che accomuna e ha accomunato chiunque nella corso della Storia.

Nel nostro mondo disgraziato – tra guerre, violenza, povertà e malattie – ha senso parlare di felicità?

A molti la scelta di Maurizio Zuccaro di costruire su questo tema il suo documentario sembrerà provocatorio se non addirittura sconnessa dalla realtà, ma forse è proprio per questo che abbiamo bisogno di fermarci e chiederci cosa sia la felicità.

Il film si articola in interviste a filosofi, economisti, artisti e anche uomini comuni al fine di mostrare come un unico concetto possa concretizzarsi in molteplici scenari, a seconda dell’interlocutore.

Un documentario particolare e originale che nel complesso si lascia guardare, anche se sarebbe stata auspicabile una riduzione di una decina minuti e un ritmo più brillante.

Per “La felicità umana” il biglietto è omaggio.

 

“LAS LINDAS”: UN GRUPPO DI ADOLESCENTI SI RACCONTA

Il titolo del film di Melisa Liebebthal “Las lindas” (tradotto, “Le belle”), presentato in concorso al TFF, è sfortunatamente fuorviante. Non c’è nulla di bello nell’osservare e ascoltare le paturnie e i ricordi pre-adolescenziali di un gruppo di amiche che si intervistano a vicenda. L’idea poteva anche essere divertente, ma dopo 40′ vuoi solo correre fuori dalla sala, rimpiangendo le ragazzine italiane di oggi, che almeno si limitano ai selfie.

 

“FIXEUR”: NULLA DRAMMATURGICO E IMITAZIONE

Il cinema rumeno sta attraversando un momento di grande fermento e crescita artistica, almeno stando ai critici. Per seguire la corrente, ho provato a vedere “Fixeur” di Adrian Sitaru, inserito nella sezione Festa Mobile. La mia buona volontà è durata un’ora, trascorsa la quale, stanco e annoiato dal nulla drammaturgico della storia e dal mal riuscito tentativo di imitare il neo realismo italiano e il genere giornalistico americano, contati almeno dieci giornalisti beatamente appisolati in sala, ho valutato che fosse arrivato anche per il me il momento di un meritato riposo.

 

“LAVENDER”: ABBIE CORNISH VOLENTEROSA PROTAGONISTA

Nella sezione “After Hours” niente di nuovo. Semmai, la riproposizione senza grande fantasia di strutture, idee e ambientazioni che rievocano film cult del passato. “Lavander” ricorda “Il sesto senso” e “The Others”, senza però avere la qualità registica o interpretativa di quelli, e risultando noioso e scontato nonostante la presenza della bella e volenterosa Abbie Cornish.

 

“#SCREAMER”: UN HORROR BANALE E PASTICCIATO

“#Screamers” è un nipote cinematografico del primo “The Blair Witch Project”, di cui ripropone la struttura di finto documentario. Paradossalmente la prima parte, preparatoria, dove i protagonisti ricevono un video inquietante che li spingerà poi a indagare è più riuscita della seconda, dove l’elemento horror è davvero banale e pasticciato.

 

“LA LINGUA DEI FURFANTI”: ELISABETTA SGARBI, MEGLIO EDITORE

Per chiudere la mia caccia al tesoro – che purtroppo mi ha regalato materiale da rigattiere più che da reggia – giusto due parole sul nuovo film di Elisabetta Sgarbi, “La lingua dei Furfanti”. Sono bastati dieci minuti di proiezione per chiedersi perché la Sgarbi si ostini a fare un mestiere non adatto alle sue competenze, invece di continuare con profitto e bravura nell’editore.