Alla fine di un Festival del cinema, lo dico per chi non ha mai avuto il piacere di vivere l’esperienza sulla propria pelle, ti senti un pugile suonato, un ubriaco, qualcuno che soffre il mal di mare. Sei diventato “l’uomo senza sonno”, senza però avere il fascino di Christian Bale.
Il vostro inviato, poi, già di per sé non proprio brillantissimo, dopo dodici giorni in quel di Cannes rischia seriamente il ricovero alla neuro, Covid permettendo.
Il previdente Frémaux, conoscendo tali criticità, ha visto bene di chiudere le proiezioni dei film in concorso nel segno della follia, con “Nitram” dell’australiano Justin Kurzel e “The Restless” del belga Joachim Lafosse.
Due film, per quanto diversi, molto forti, coinvolgenti, intensi, che hanno lasciato un segno profondo nell’anima del vostro inviato. Vi consiglio caldamente di non vederli in successione, come ho fatto io, perché possono creare dubbi e ansie anche nella persona più centrata del mondo.
→ “NITRAM”: ALLE ORIGINI DI UNA STRAGE E DI UN KILLER
→ “THE RESTLESS”: LA QUOTIDIANITÀ DI UN PITTORE BIPOLARE
In entrambi i casi, le chance di premi questa sera sono alte – e meritate.