Per dieci giorni ci hanno tenuto compagnia e aggiornato, raccontandoci il meglio – e il peggio – della Mostra del cinema di Venezia numero 75. Dopo film, recensioni, lettere aperte, interviste, scoop e incontri sorprendenti, ai nostri tre inviati spetta l’ultima parola.
Un saluto a Venezia, e al pubblico, aspettando di ritrovarci tra dodici mese per una nuova, emozionante, avventura in Laguna.
SOFIA: LA NOVELLINA
Venezia 75 è stata un’incredibile esperienza e, anche adesso, in treno verso casa, è inevitabile pensarci. La mattina presto, le file e i colori dei pass, il primo film, poi il secondo, andare avanti anche fino al quinto… Le conferenze e l’entrata in sala dei volti che si son visti sullo schermo poco prima. L’odore delle sale, di pulito e di sicurezza, le teste del pubblico illuminate solo dallo schermo, l’intro del Festival a ogni film, che alla fine impari a memoria. Gli applausi, le risate e le lacrime condivise con nuovi e vecchi amici e, a volte, con perfetti sconosciuti.
I mille caffè, i pasti rapidi per non perdersi nulla, la voglia di restare sempre al Lido, vedere tutti i carpet, gioire a ogni vip incontrato per caso, in gelateria come per Del Toro, o per strada. Condividere la sala cinematografica con grandi nomi, il suono del pass ai controlli che preannuncia l’inizio di un nuovo film o evento, le recensioni scritte in fila, le riletture in posti impensabili, in bocca e sotto gli occhi sempre parole sul e del cinema.
Tutto questo è la Mostra del cinema di Venezia. Una solidarietà, un’unione fra persone di qualsiasi nazionalità o lingua, un senso di appartenenza a un luogo che ti fa sentire a casa per dieci, lunghi, giorni. Il tempo che vola via e i ricordi di qualcosa di magico che, come canta Jovanotti, “è riservato ai sognatori”.
FEDERICA: LA SOCIAL MEDIA MANAGER
Cosa rimane di questa #Venezia75? Il caldo bestiale e all’improvviso la pioggia, il cielo rosso nascosto dietro le nuvole, le file al bar, i panini mangiati in piedi, i caffè, tanti, bevuti e quelli brutalmente versati per terra, il sonno perso, i “basta fotografie” e i “no, qui non si passa!”, le chiacchiere post film, i pareri discordanti e le opinioni condivise.
E poi qualche buon film, qualche lacrima versata e più di un’emozione che fanno dimenticare la stanchezza. Venezia è la completa immersione nel mondo del cinema, una specie di grande villaggio turistico, un “parco giochi” straordinario. È come un enorme frullatore, una specie di sbornia collettiva, i cui postumi continuerai a sentire per diversi giorni dopo che è finita.
ROBERTO: IL VETERANO
“Signor Cuarón è più orgoglioso di essere il primo regista nella storia del cinema a portare Netflix alla vittoria in un grande Festival o di aver conquistato critica e giuria con la sua prima, grande storia?”. “Devo davvero risponderle? È così evidente…”.
Da ieri sera sono l’uomo che ha posto la domanda più sciocca e inutile al regista messicano neo Leone d’oro a Venezia. Il tempo, e una miglior padronanza della lingua italiana, consentiranno forse al Maestro di comprendere il senso più profondo delle mie parole. Una cosa è certa: gli azionisti di Netflix orgogliosi lo saranno di certo, visto l’exploit non solo di “Roma” ma de “La ballata di Buster Scruggs” dei fratelli Cohen.
L’orgoglio, si sa, può essere croce e delizia. In questa mia esperienza numero tre alla Mostra di Venezia, per fortuna, ha vinto la componente positiva del termine. Sono orgoglioso quindi di aver collaborato con due valide, preziose e appassionate colleghe come Federica e Sofia. Sono orgoglioso di aver vissuto dieci intensi giorni di cinema, e nonostante la stanchezza sarei pronto a ricominciare anche oggi. Sono orgoglioso d’esserci stato, condividendo l’esperienza con degli amici prima ancora che dei colleghi. Sono orgoglioso di aver scritto cartoline, e lettere aperte ai vertici del Festival. Lascio il Lido orgoglioso, stremato ma sempre sorridente, e pronto per nuove sfide.
Ciao Venezia, al prossimo anno. Con orgoglio, è evidente.