Freddie Mercury e i Queen stanno per arrivare al cinema. Uscirà nelle sale italiane il 29 novembre, cinque giorni dopo il 27° anniversario della scomparsa del frontman di una delle band più iconiche della storia della musica, “Bohemian Rhapsody”, il biopic più atteso dell’anno.
Per l’occasione abbiamo incontrato a Roma gli attori Rami Malek e Gwilym Lee, che interpretano rispettivamente Freddie Mercury e Brian May.
“Vi chiedo di chiudere gli occhi un secondo e provare a immaginare com’è stato interpretare Freddie Mercury – Malek, che gli appassionati di serie tv ricorderanno per la parte in “Mr Robot”, ha esordito così. – Se mi sono sentito investito di grande responsabilità è per il fatto che si tratta di una figura quasi mitologica, non solo un’icona della musica ma per molti una sorta di Dio”.
Come ci si avvicina a un personaggio di questo genere? L’attore statunitense, 37 anni, ha scelto un approccio personale e immersivo.
“Ho pensato che l’unico modo per rendergli giustizia e per onorarlo fosse immergermi completamente in lui, per essere davvero Freddie Mercury. Ho seguito per un anno e mezzo lezioni di canto, di piano, di ballo, ho imparato a esprimermi nel suo dialetto e ho fatto mie le sue movenze. Il film ancora non aveva neanche i finanziamenti, quindi ho messo i soldi di tasca mia. Quando ho scoperto che avrei avuto la parte sono volato a Londra e ho dato tutto me stesso per far rivivere quest’uomo.”
La somiglianza tra l’attore inglese Gwilym Lee e Brian May, chitarrista e cofondatore dei Queen, salta subito all’occhio. Ma questa per Lee è stata solo una fortunata base di partenza.
“Come ha spiegato bene Rami interpretare qualcuno di così amato intimidisce ma motiva anche. Ogni volta che mi sono sentito travolto, mi sono concentrato su qualcosa che potevo ottenere. Ho voluto impratichirmi con la chitarra, per rendere il personaggio più credibile. Non ci è stato chiesto di far finta di suonare perfettamente, ma di dare l’impressione di suonare come se lo facessimo da una vita.”
L’attore ha avuto un “maestro” di chitarra d’eccezione, Brian May.
“È venuto a trovarmi sul set il primo giorno. Ero truccato e vestito come lui e Brian non mi aveva ancora visto. Quando mi ha visto c’è stato un momento di silenzio, credo che abbia visto una versione più giovane di se stesso, ma dopo due minuti si è messo ad aggiustarmi la parrucca – questo dice molto di lui. Nonostante la sua attenzione al minimo dettaglio, la cosa più importante è che non mi sono mai sentito giudicato.”
Freddie Mercury è diventato per molti un’icona, il simbolo di una ricerca di se stessi e della propria sessualità, aspetto cha appassionato Malek.
“Questo film è stata una continua scoperta per me. L’intero processo interpretativo lo è stato. Tutti conoscono l’audacia e l’impertinenza che caratterizzavano la personalità di Freddie, ma sono convinto che nessuno lo conoscesse davvero nel profondo. C’erano molte cose di lui che non sapevo, il rapporto con la sua famiglia o la relazione con Mary Austin. Non sapevo neanche che il suo vero nome fosse Farrokh Bulsara, e forse non sono l’unico… La cosa che mi ha colpito di più della sua storia è stata la costante ricerca da parte di quest’uomo immigrato della sua identità. È una cosa nella quale mi rispecchio molto, essendo io americano di prima generazione con una famiglia che proviene dall’Egitto.”
Diretto da Bryan Singer, che è stato poi licenziato dalla Fox e sostituito da Dexter Fletcher, “Bohemian Rhapsody” ha avuto una realizzazione travagliata. Alla domanda sulla questione, però, Gwilym Lee ha risposto in modo sereno.
“Quando Bryan è stato licenziato eravamo alla fine delle riprese, quindi non è stato un avvenimento particolarmente traumatico. È successo tutto in un momento in cui eravamo già dentro la storia e, soprattutto, dentro i nostri personaggi. Purtroppo sono cose che capitano… siamo attori, siamo abituati a lavorare con registi diversi. Non è difficile per noi adattarsi.”
Il film verrà presentato in anteprima mondiale il 23 ottobre alla Wembley Arena di Londra, dove si svolse anche il Live Aid dei Queen, il 13 luglio 1985. Del concerto rock che ha cambiato la storia della musica, incluse chiaramente nel film, ha parlato Rami Malek.
“Il Live Aid è stato difficile perché abbiamo voluto ricreare il concerto proprio com’era, e per il senso di responsabilità verso il pubblico e verso la memoria di Freddie Mercury non mi sarei mai fermato finché non fosse stato perfetto. La cosa migliore è che abbiamo lavorato insieme alla parte artistica del film. Ci siamo sentiti proprio come una vera band, eravamo dipendenti l’uno all’altro e molto uniti quando eravamo sul palco.”
“Dopo quel momento – ha aggiunto Lee – abbiamo acquisito un linguaggio comune. Abbiamo lavorato così tanto insieme da diventare come una vera band. A ogni performance non pensavamo più alla coreografia, ma improvvisavamo e riuscivamo a muoverci in modo naturale”.
Freddie Mercury è sicuramente un personaggio fuori dagli schemi. Sulle motivazioni che lo hanno spinto ad accettare la difficile sfida interpretativa Malek ha le idee chiare.
“Ho sempre avuto la sensibilità per scegliere ruoli di cui potessi sentirmi orgoglioso. Ho cercato parti che potessero cambiare la percezione che gli altri hanno di se stessi e del mondo e che divertissero anche. Non scelgo ruoli perché non voglio sparire o perché devo farlo, mi attraggono le sfide e mi piace collaborare con le persone che mi danno questa possibilità. Questo non è solo il ruolo di un uomo ma di una band che ha cambiato la vita di molti e che, mi auguro, continuerà a farlo.”