Un film di Paul Verhoeven. Con Virginie Efira, Olivier Rabourdin, Daphne Patakia, Clotilde Courau, Louise Chevillotte. Biopic, drammatico, 126′. Francia, Paesi Bassi 2021
Benedetta Carlini ha nove anni e una Madonna per bambola. Un intervento divino l’ha salvata alla nascita e promessa alla Vergine Maria. Entrata bambina nel convento di Pescia, che diventa il suo grande terreno di gioco, cresce in bellezza e “santità”. Perché Benedetta ha straordinarie qualità affabulatorie. Le sue visioni, i suoi sogni e le stigmate le valgono il biasimo della badessa e il sostegno popolare. Tra miracoli e comete, Benedetta “fa la volontà” di una figlia che salva dalle grinfie del padre predatore. Sorella intraprendente, Bartolomea alza la posta e la introduce al piacere. Intanto gli ecclesiastici locali provano a trarre profitto da questa mistica esaltata, perché se lo scandalo minaccia l’ordine prestabilito, sovente serve gli interessi della chiesa. Da copione, il Nunzio di turno deciderà di farne un falò. Ma le strade del signore, si sa, sono infinite.
Il vecchio leone olandese Paul Verhoeven non tradisce le attese dei fan e degli addetti ai lavori, provocando stupore, irritazione e pareri contrastanti con il suo controverso “Benedetta”, presentato in concorso a Cannes e adesso al London Film Festival.
Il regista ci ha abituati nel corso della sua carriera a prendere posizioni controcorrente, mettendo tutto e tutti in discussione. In questo caso, lo strale (creativo) è diretto contro la Chiesa Cattolica o meglio contro le sue istituzioni, già piuttosto corrotte e dissolute nel XVII secolo.
Nonostante “Benedetta” sia ispirato a fatti realmente accaduti, il taglio provocatorio, dissacrante e simbolico prevale sulla volontà di ricostruzione e racconto storico e culturale. La storia di Benedetta Carlini, monaca, mistica, esaltata, è un mezzo per raccontare i limiti e le contraddizioni della Chiesa dell’epoca, guidata ampiamente dal desiderio di ricchezza e potere.
Il film è una continua provocazione visiva e linguistica sui dogmi della fede cattolica, sulla figura di Gesù Cristo. Se le scene di sesso lesbo, spinte ed esplicite, colpiscono lo spettatore, quelle mistiche provocano un certo disagio. Sono scene di passione al limite della blasfemia che divideranno il pubblico, ma che hanno un’importante funzione narrativa.
Virginie Efira è davvero incredibile nel ruolo della protagonista: si impone sulla scena combinando fisicità, bellezza e carisma. La sua Benedetta appare allo stesso tempo una manipolatrice, una povera vittima, una tentatrice, un’invasata imbrogliona.
Paul Verhoeven ribalta le gerarchie di genere, relegando gli uomini/porporati in ruolo subalterni rispetto alle donne che dimostrano di essere centrali. In questo senso va sottolineata anche la prova di Daphne Patakia nel ruolo di Bartolomea, l’amante di Benedetta, selvaggia, passionale e innamorata, e di Louise Chevillotte in quello di sorella Christina, la nemesi della coppia perversa, che cercherà in tutti i modi di difendere la sacralità della Chiesa.
“Benedetta” è un film provocatorio quanto respingente, che si nutre di caos e iperboli ma finisce per risultare un bel guscio fuori, ma vuoto dentro. Le continue provocazioni, per quanto intelligenti e sagaci, alla lunga stancano, anche perché sottolineano sempre gli stessi concetti. Di grande qualità, invece, scenografie e costumi.