Un film di Damien Chazelle. Con Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jean Smart, Jovan Adepo. Drammatico, 183′. USA 2023
A Hollywood, nel 1926, nel corso di un party scatenato si incontrano l’aspirante attrice Nellie e il messicano Manny, che lavora come aiutante presso la casa di produzione Keystone. Dopo la morte per overdose di un’attrice, Nellie, bellissima e senza freni, ha finalmente l’occasione di sfondare, mentre Manny, che fin da subito s’innamora di lei e la protegge dal suo stesso stile di vita forsennato, diventa amico della star in declino Jack Corran. Il passaggio dal muto al sonoro stravolgerà la città del cinema: incapace di adattarsi al sonoro e travolta dalla relazione con la cantante Lady Fay Zhu, Nellie si perde in una spirale d’autodistruzione, mentre Jack vede progressivamente sparire il suo nome dai cartelloni. Il solo Manny sembra farcela, scalando i vertici del sistema, ma anche lui finirà per essere travolto dal destino della nuova Babilonia…
Ambientato tra il 1926 e l’inizio degli anni ’30, “Babylon” di Damien Chazelle è un kolossal che racconta gli ultimi giorni di eccesso del cinema muto, considerato il periodo di massimo splendore di Hollywood, e il successivo avvento del sonoro, che segnerà la decadenza di tante star del passato.
Questa struttura di ascesa e caduta mette in primo piano le storie di tre personaggi che in diverse fasi vengono masticati e sputati fuori dalla macchina che è Hollywood: l’attrice Nellie LaRoy (Robbie), la star in declino Jack Conrad (Pitt), il messicano Manny Torres (Calva).
Delirante, folle ed esagerato, Chazelle costruisce un film orgiastico e multistrato che, alla fine, pone una semplice domanda: è possibile amare i film e allo stesso tempo odiare l’industria che li produce? Ma se “La La Land” declinava la cosa in modo sentimentale e nostalgico, qui si avverte forte la critica.
Visivamente imponente, composto da trame multiple che si intersecano e da parti sbalorditive – scene individuali, performance di gruppo, elementi tecnici, tra cui alcuni elaboratissimi movimenti di macchina di Chazelle -, “Babylon” mantiene, almeno per la prima ora e mezza, un ritmo frenetico.
Il ritmo viene sostenuto dalla fotografia, e regala momenti di intrattenimento e bellezza puri, ma perde poi forza nella seconda parte. Un maggiore equilibrio sarebbe forse stato necessario, per evitare la sensazione di caos.
Ritratto tentacolare della Hollywood di fine anni ’20, “Babylon” è un film anarchico, audace, spesso auto-referenziale ma anche estremamente ambizioso, un’opera che raggiunge il suo intento: farci sentire parte di questa imponente e spettacolare macchina che chiede tanto, tutto, agli addetti ai lavori ma produce, al suo massimo, sogni.