“Armageddon time”: un coming of age che rompe i codici del genere

James Gray torna nel Queens per una storia che parla di famiglia e momenti di svolta

Un film di James Gray. Con Anne Hathaway, Anthony Hopkins, Jeremy Strong, Domenick Lombardozzi, Tovah Feldshuh, Michael Banks Repeta, Jaylin Webb.
Drammatico, 114′. Brasile, USA 2022

All’alba degli anni ’80, con la presidenza Reagan che si avvicina assieme alle prospettive di fine del mondo, il piccolo Paul non ha altre preoccupazioni che tormentare il professore in classe e stringere amicizia con il ripetente dell’ultimo banco, Johnny. I due testano i limiti della disciplina nell’errata convinzione che la madre di Paul sia la preside della scuola, mentre la donna, assieme al marito Irving e ai nonni, è solo preoccupata per il futuro del figlio che sogna di diventare un artista famoso a dispetto dei desideri più convenzionali e rispettabili della famiglia.

 

Non è mai semplice parlare di sé e delle proprie origini in modo sincero e obiettivo, perché ognuno di noi viene segnato nel corso del tempo da incontri, avvenimenti ed eventi a loro modo unici e difficili da trasmettere agli altri per ciò che hanno significato.

Se poi questi “turning point” avvengono nel periodo dell’adolescenza… be’, è facile che assumano il valore di veri e propri terremoti esistenziali. Piccoli Armageddon.

James Gray, dopo essersi spinto nella giungla e tra le stelle con le sue ultime due pellicole, torna “alle origini”, al cinema che l’ha reso famoso. Il suo “Armageddon Time”, presentato in concorso al Festival di Cannes, è infatti una storia familiare ambientata nel quartiere newyorkese del Queens.

Online e sui giornali troverete tutta una serie di complesse letture politiche, culturali e simboliche sul significato di questo film. Al netto del tentativo degli illustri colleghi di nobilitare il tutto, mi chiedo: l’autoreferenzialità, se dichiarata apertamente, è qualcosa di cui vergognarsi? Da nascondere?

In “Armageddon Time”, Gray inserisce diversi elementi autobiografici – i pranzi movimentati consumati con la famiglia, le tensioni con il padre violento e la madre, l’intenso rapporto con il nonno. Personalmente non vedo niente di male in operazioni di questo tipo, se poi la storia nel suo complesso riesce a coinvolgermi ed emozionarmi.

Il film è ambientato nei primi anni ‘80, durante le ultime settimane di campagna elettorale che precedono la prima elezione di Ronald Regan alla Presidenza degli Stati Uniti. In questo periodo teso, il protagonista Paul (Banks Repeta) vive il suo coming of age., stringendo amicizia con Johnny (Webb), afroamericano senza i genitori.

Le premesse perché “Armageddon Time” potesse essere un racconto universale e condivisibile c’erano tutte, invece il taglio narrativo e stilistico scelto dal regista taglia le gambe al tutto. Lo spettatore viene trascinato dentro una storia caotica e dispersiva, dove personaggi e avvenimenti si giustappongono trasmettendo solamente a sprazzi un senso di autenticità e unanimità. La messa in scena stessa appare fredda, rigida, non all’altezza delle aspettative.

Il cast si dimostra complessivamente all’altezza. I due giovani interpreti, Michael Banks Repeta e Jaylin Webb, sono sicuri e a proprio agio sul set. Anthony Hopkins talentuoso come di consueto. Anne Hathaway asciutta, adatta al ruolo.

Dopo aver visto questo film ognuno di noi probabilmente ripenserà al proprio Armageddon. Se ancora non si fosse verificato, c’è da augurarsi di avere vicino amici o parenti capaci di darci la giusta scossa, in caso dovesse accadere.

 

Il biglietto da acquistare per “Armageddon time” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.