“American Gods”: recensione della seconda stagione della serie tv

Otto episodi per continuare il racconto dello scontro - che si prepara - tra vecchi e nuovi dei

Una serie ideata da Bryan Fuller e Michael Green. Con Ricky Whittle, Ian McShane, Emily Browning, Pablo Schreiber, Crispin Glover. Fantastico, drammatico. USA, Regno Unito. 2017-in produzione

 

Prima di addentrarci nella seconda stagione di “American Gods”, serie ideata da Bryan Fuller e Michael Green, e basata sul romanzo omonimo di Neil Gaiman, che figura anche tra i produttori esecutivi, riepiloghiamo quello che è successo nei primi otto episodi.

Il protagonista Shadow Moon incontra uno strano uomo che porta il nome fittizio di Mr. Wednesday e che gli propone un lavoro. Entrerà così nella guerra tra vecchi dei (da Gesù all’africana Anansi) e nuovi (tecnologia, nuovi media, e via dicendo).

Se la prima stagione introduceva i personaggi e svelava, con vari indizi, la loro natura divina, ponendo le basi per lo scontro diretto, la seconda approfondisce alcune dinamiche e alcune backstory, facendosi carico di rispondere ad alcune domande che ci eravamo posti durante i primi episodi ma senza troppa azione. Si tratta piuttosto di otto episodi di transizione verso la guerra, che vedremo nella terza stagione.

Sebbene il proseguo di “American Gods” fosse molto atteso, le difficoltà produttive hanno fatto dubitare i fan della resa finale del prodotto e, come accennato in precedenza, in effetti questo non è impeccabile, perché fa ben poco oltre a qualche approfondimento.

Evolversi o morire: il fil rouge è sempre quello. A causa dei cambiamenti dell’uomo, alcuni tra gli Dei più antichi hanno perso la loro rilevanza e di conseguenza la loro principale fonte di sostentamento: la venerazione. Dimenticati ma non rassegnati a questo infausto destino, cercano disperatamente nuovi modi per farsi riverire. Alcuni riescono a evolversi, altri sono fermi nel passato.

Nel raccontare nuovamente questa tematica, la seconda stagione di “American Gods” approfondisce un aspetto tralasciato precedentemente: il codice morale di un Dio. Esso non risponde dei suoi seguaci, l’importante è non essere dimenticati dal mondo (prendiamo Mr.Wednesday, che non pensa alle derive a cui potrebbero arrivare i suoi “nuovi” seguaci).

Gli archi narrativi dei personaggi, per quanto non presentino grandi colpi di scena, restano coerenti e preparano il terreno per la terza stagione. Shadow e Laura, ad esempio, non si cercano più, la loro relazione non ha più motivo di esistere, poiché le esperienze formative hanno cambiato entrambi, mettendo fine a quel rapporto travagliato molto particolare.

Focalizzata sui background dei personaggi, questa stagione di “American Gods” risulta meno brillante e fresca della prima, ma comunque interessante per larghi tratti e forte di una buona sceneggiatura.