Alla Gnam di Roma in mostra il tempo e la sua fuggevolezza

di Luciaconcetta Vincelli

 

La Gnam (Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea) di Roma sceglie di sfidare la fuggevolezza del tempo nel suo nuovo allestimento, inaugurato il 10 ottobre.

La giovane direttrice Cristiana Collu si impegna nell’impresa attraverso due mostre, “The Lasting. L’intervallo e la durata” e la temporanea “Time is out of joint”. È l’Amleto di Shakespeare a ispirarla: “il tempo è fuori dai cardini; ed è un dannato scherzo della sorte ch’io sia nato per riportarlo in sesto”.

Gnam, Roma

Il motto campeggia sulle scale d’ingresso al museo, esattamente di fronte alla scalinata degradata di Villa Borghese, per la quale il ministro Franceschini ha richiesto un intervento di recupero.

Un motto e un monito, allora, per non subire il tempo, ma per ricostruirlo in modo originale. In tale contesto, l’arte si propone come singolare descrizione temporale del mondo fisico, delle idee e delle relazioni.

La mostra si apre, nella Sala centrale, con Vimerati e le sue fotografie di uno stesso oggetto ora sfumato, ora deformato o ruotato dalla nostra memoria, e Sugimoto e i suoi scatti di cinema e teatri.

Malgrado le critiche, le dimissioni di alcuni membri del comitato scientifico del museo e la lettera del professore di Storia dell’arte Fabio Benzi che accusa di “aver decontestualizzato le opere”, l’avventura della Gnam coinvolge i visitatori in un complicato processo di gamification, che riduce i contrasti tra forme e tempi in schemi di gioco. In scena lo scopo stesso del contemporaneo: turbare, generare interrogativi e riflessioni attive.

Allestimento della mostra "Time is out of joint" alla Gnam di Roma.
Allestimento della mostra “Time is out of joint” alla Gnam di Roma.

In una sala si mescolano Fattori e Cammarano, De Chirico e Leoncillo, opere focalizzate sul tema delle battaglie dell’uomo, intese non solo come guerre, ma anche “Scontri di situazioni”, secondo il quadro di Vedova.

Accade, proseguendo, che si incrocino, completandosi, le due stragi e le due occasioni della storia moderna: le emigrazioni dell’800 e del 2000, in analogia grazie ai dipinti di Tommasi e alle foto di Paci.

In effetti, la vicenda umana ha spesso alternato distruzione e costruzione: perciò, in una stessa sala, i Futuristi scompongono la realtà nelle sue componenti più rapide, mentre Previati ricrea la luce totalizzante e Pascali ricerca architettonicamente il “modulo” della vita collettiva.

Ma in questa ansia demolente e rigenerante, appare fondamentale uno sguardo alla natura: ci si dedica contemporaneamente alle ninfee di Monet e di Arienti, oppure al contatto con la natura e i suoi tempi con “Le peintre et le temps” di Masson.

Allestimento della mostra "Time is out of joint" alla Gnam di Roma.
Allestimento della mostra “Time is out of joint” alla Gnam di Roma.

Tale dialogo incalzante conduce poi a uno svolgimento rilassante, che ci fa distendere provocatoriamente sul “mare” di Pascali, sulla “Spoglia d’oro su spine d’acacia” di Penone, che imprevedibilmente disegna labbra, interpretabili come ali di gabbiano alle spalle di un maestoso “Ercole che scaglia Lica” di Canova.

In un’ideale sovrapposizione di opere, il mito umano concilia delicatezza e determinazione per ergersi sul mare e sul blu, oltre gli ostacoli che attanagliano spesso l’arte, come Klein ci confessa con uno dei suoi monocromi, blu appunto, esposto in un angolo della sala.

Le tematiche, che associano diversi artisti, convergono, dunque, in momenti di riflessione sulla modernità e sul rischio di tornare al muto divario tra le arti, le idee, il bianco e nero: lo dimostra l’accostamento del candore delle statue neoclassiche e dell’oscurità verosimile di “Nero” di Burri.

Allestimento della mostra "Time is out of joint" alla Gnam di Roma.
Allestimento della mostra “Time is out of joint” alla Gnam di Roma.

In tal senso, l’inedito allestimento della Gnam riscuote successo ricreando il dialogo perduto tra le opere, restituendo dinamicità al loro messaggio, organizzando la vasta produzione artistica in temi straordinariamente umani e ricorrenti.

Nell’ottica della direttrice Collu, infatti, il visitatore deve poter godere non solo della qualità estetica degli oggetti d’arte, ma della loro “utilità” per l’analisi e il miglioramento della società odierna, e il museo, come flusso di memoria, deve proporre un’anticipazione di quello che verrà.

La Galleria nazionale è forse riuscita a rappresentare il contemporaneo, esattamente secondo le parole di Berger del 1972: “Per la prima volta nella storia le immagini d’arte sono diventate effimere, ubique, inconsistenti, disponibili, libere. Esse ci circondano nello stesso modo in cui ci circonda un linguaggio”.