Al cinema: Life may be

di Sara Cancellara

 

Life may be. locandinaUn film di Mark Cousins, Mania Akbari. Documentario, 80′. 2014

Il regista e storico del cinema inglese (The Story of Film: an Odyssey), Mark Cousins, e la regista, attrice (in 10 di Abbas Kiarostami, tra gli altri), artista iraniana Mania Akbari si scambiano delle videolettere in un vertiginoso confronto tra Oriente e Occidente, tra maschile e femminile: in comune un amore senza fine per il cinema.


Mania Akbari, di origine iraniana, narra la sua vita usando la poesia e sposando le foto della sua terra natia con quelle della sua casa a Londra dove vive attualmente. Oriente e Occidente vengono messi a confronto, due mondi opposti che nella loro diversità trovano un punto di contatto, un legame d’amore e spiritualità.

Il film documentario è un piccolo capolavoro in cui è racchiuso il senso della vita. Lo scambio epistolare tra la regista e Mark Cousins, noto regista irlandese, coinvolge sin dall’inizio della pellicola lo spettatore, creando così un triangolo empatico dal quale è impossibile uscire.

Nelle voci di Mania e Mark letteratura, filosofia, politica e storia sono tematiche che s’intersecano con un ritmo alquanto incalzante. Le differenze tra Oriente e Occidente sono magistralmente poetizzate attraverso i vissuti di entrambi i protagonisti che scavano nel loro io e nel loro profondo e di conseguenza anche nel nostro.

In Mania troviamo il dolore unito al piacere, perché nel suo paese, l’Iran, il piacere è provocato dal dolore stesso. Mania non conosce le curve del suo corpo e le sue trasformazioni nel corso degli anni, perché il suo corpo è sempre coperto, mai messo in mostra. A differenza di Mark che, da uomo occidentale, ostenta la sua nudità. In una lettera l’uomo dice a Mania che il nostro corpo è quello che noi siamo e quello che noi mangiamo e che se si provano delle emozioni non c’è nulla di male se vogliamo ostentarle sul nostro corpo attraverso dei tatuaggi. Questo dice Mark a Mania, questo dice Mark a noi.

Il nostro corpo non è la prigione dell’anima ma la casa dell’anima. Nelle miniature persiane uomini e donne sono coperti a tal punto da non distinguerli gli uni dagli altri, ma l’Iran è la terra dell’erotismo per eccellenza, e questo non lo avevo mai considerato prima. Ma quando Mania fa notare a Mark l’architettura delle loro moschee allora sì che questo diventa palese e di fronte a una bellezza ornamentale volutamente ostentata si rimane estasiati: facciate e interni delle moschee sono un richiamo ora al grembo materno ora al seno di una donna.

La bellezza di questo scambio epistolare consiste nella mancanza di una prospettiva da parte degli interlocutori. Così, parlando, Mania e Mark per quanto apparentemente diversi scoprono di avere tanti interessi in comune, la passione per il cinema, l’amore per l’arte in cui entrambi vedono un rifugio dalla realtà, la ricerca dell’essere, la voglia di scoprirsi e di scoprire ogni angolo di mondo.

L’amore, l’arte e la creatività non possono essere separate, la spiritualità vale più della religione, ogni uomo ha diritto di esprimersi e di essere libero. Mania in esilio a Londra è una donna libera con un fardello di ricordi legati alla sua terra. Noi, come Mania, siamo esseri in continuo divenire. Noi, come Mania, ci rimodelliamo ogni giorno con esperienze di vita. Noi, come Mania, cerchiamo l’amore e ci piacerebbe trovare una persona che ci comprenda, qualcuno con cui guardare il mondo con gli stessi occhi.