“22 luglio”: il giorno nero della Norvegia moderna e pacifica

Il biopic di Paul Greengrass si avvicina al documentario, puntuale ma poco emotivo

Un film di Paul Greengrass. Con Anders Danielsen Lie, Jon Øigarden, Lars Arentz-Hansen, Tommy Hyving, Caroline Glomnes. Biografico, 133′. USA 2015

Il racconto della strage di Utøya, avvenuta il 22 luglio 2011, quando un uomo travestito da poliziotto, Anders Breivik, aprì il fuoco contro gruppi di giovani che stavano prendendo parte a un campo estivo organizzato dalla Lega dei Giovani Lavoratori. Morirono 69 giovani tra i 14 e i 20 anni.

 

Il 22 Luglio 2011 la Norvegia viene scossa da una serie di attentati senza precedenti, sull’isola di Utøya e nel cuore di Oslo. Settanta e più le vittime, tra cui moltissimi ragazzi che fino alla mattina discutevano di come cambiare il mondo, parlando di un futuro che gli sarebbe in pochi attimi strappato dalle mani.

Il responsabile degli attacchi, Anders Breivik, viene individuato e poi arrestato. A quel punto iniziano due processi: quello legale a suo carico, e quello intrapreso dai superstiti per elaborare il lutto e superare il trauma.

Paul Greengrass, regista noto per film d’azione come la saga di Jason Bourne, racconta in “22 luglio”, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, una delle giornate più sanguinose e buie nella storia moderna della Norvegia. Con una troupe e un cast di autoctoni si concentra poco sull’azione, relegandola nel prologo.

Come accennato prima, infatti, questa è una storia di elaborazione e di rigenesi. Quella che affronta il protagonista Viljar Hanssen, ad esempio, che sopravvive insieme a suo fratello al massacro ma non resta illeso, riportando danni fisici e motori che lo costringeranno a subire diversi interventi.

Nonostante la precisa collocazione temporale, “22 luglio” è un film estremamente attuale. Ci ricorda quanto precaria sia la vita oggi, non solo nei territori cosiddetti “di guerra”, ma anche nelle nostre città occidentali e “sicure”.

La prima parte, dinamica e ritmata, attrae lo spettatore nella “tana del coniglio”. Ciò che segue, ciò che vi è all’interno, invece, non convince appieno. Colpa di una certa superficialità nel modo in cui sono affrontati i temi principali e di performance poco emozionante.

Persino la regia – per quanto Greengrass si confermi regista preciso, con una propria estetica e curiosità di fondo – sembra adeguarsi ai ritmi lenti della sceneggiatura e del cast, e la fotografia poco attenta non aiuta.

Nel complesso “22 luglio”, che sarà disponibile su Netflix a partire da ottobre, è un interessante racconto di quello che è avvenuto in Norvegia nel 2011, che si avvicina al documentario per la freddezza di certi passaggi ma riesce comunque a incuriosire il pubblico. Peccato per certe cadute di stile – e di ritmo.

 

Previous article“Revenge”: una storia pulp e brutale di violenza sulle donne
Next articleCartoline da Venezia| “Process” e “American Dharma”
Sofia Peroni
Classe 1996, marchigiana d’origine, studia comunicazione a Roma e ha trovato il modo di coniugare la passione per il cinema e quella per la scrittura... Come? Scrivendo sul e per il cinema dal 2015. Ha all'attivo diverse esperienze sul set, con registi del calibro di Matteo Garrone, e sogna un giorno di veder realizzato il suo film.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here