“The void – Il vuoto”: una perla horror di serie B in stile anni ‘80

Un omaggio a Carpenter che agli effetti speciali preferisce maschere, make-up e tanto tanto sangue

di Edoardo Pasquini

 

Un film di Jeremy Gillespie, Steven Kostanski. Con Aaron Poole, Kathleen Munroe, Kenneth Welsh, Daniel Fathers, Ellen Wong. Horror, 90′. Canada, 2017

Data di uscita italiana: 6 dicembre 2017

 

In un cinema dove computer grafica ed effetti speciali la fanno da padrone, con film girati quasi interamente in green screen (prendete ad esempio uno qualsiasi dei quelli targati Marvel) fa piacere sapere che c’è ancora qualcuno che ama mettere in scena mostri e creature “analogici”, costumi di finta carne con dentro attori rannicchiati, reali e presenti sullo schermo come poligoni e texture non riescono ancora ad essere.

The Void – Il vuoto” di Jeremy Gillespie e Steven Kostanski parte da premesse tanto modeste quanto lo è il suo budget, rivelandosi un film con grandi potenzialità purtroppo non del tutto espresse.

La storia è interamente girata in un vero ospedale nel quale rimane intrappolato il classico gruppo di personaggi male assortiti cui gli horror ci hanno abituato: il poliziotto eroe (Poole) e l’infermiera da poco divenuta sua ex-moglie (Munroe); il primario ambiguo (Welsh) e l’incapace praticante asiatica (Wong); e ancora un presunto sbronzo, un padre di figlio muto e una ragazza incinta sul punto di partorire. Quello che si dice un bel quadretto! 

A impedire la fuga a questa “gang del disagio” è un gruppo sempre più numeroso di strani individui incappucciati, specializzati nell’apparire all’improvviso dal nulla e accoltellare. I personaggi, inizialmente all’oscuro della situazione, disvelano pian piano un’intricata trama fatta di mostri tentacolari e con le budella a cielo aperto, una misteriosa setta religiosa che ricorda il Ku Klux Klan e un cattivo con poteri paranormali emissario di un mondo buio e sinistro.

Proprio il plot, qui ridotto ai minimi termini, è il punto più debole del film. I registi forniscono al pubblico davvero poche informazioni, nel tentativo di costruire un mistero che tenga sulle spine, ma il risultato è piuttosto una sommaria ambiguità che si prolunga per tutta la durata del film. Non si capisce mai bene cosa stia succedendo, e la sensazione che prevale non è tanto un’ansiosa curiosità ma un senso di frustrazione e, ogni tanto, di noia.

I personaggi sono eccellentemente interpretati dagli attori, tutti molto bravi, ma scarsamente caratterizzati (soprattutto il cattivo, che proprio non funziona), e il finale, che ovviamente non vi anticipo, lascia un po’ perplessi.

A bilanciare queste carenze, “The Void” si presenta con un look di primissima qualità. I colori, le inquadrature e l’editing (la scena dove uno dei mostri viene presentato per la prima volta, tramite l’intermittenza epilettica di una luce al neon, è davvero notevole), il design delle creature (che ricorda da vicino quello di “The Thing”) e delle zone corrotte dell’ospedale, fatti sempre più di putrescente materia organica: tutto contribuisce a creare un’atmosfera visivamente di grande impatto.

E infatti sembra quasi che la storia non sia altro che una scusa per mettere in pratica tanti trucchi e tecniche cinematografiche che i due registi avevano da tempo in serbo.

Si tratta, infine, di un film che, considerata la sua genesi (sviluppato in tempi brevissimi e finanziato in gran parte tramite crowdfunding), stupisce visivamente e, nonostante i suoi evidenti limiti narrativi, regge il confronto con film ben più sponsorizzati. Per capirci: se dovete scegliere fra questo e “It”, costato 35 milioni (e sul quale preferisco non esprimermi), vi consiglio caldamente “The Void”.

 

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