Se oggi la parola d’ordine quando si pensa, si parla e si scrive di Gran Bretagna è Brexit, il mondo del cinema volge indietro lo sguardo per raccontare e ricordare momenti migliori del Paese al di là della Manica.

My generation” di David Batty e “Vittoria e Abdul” di Stephen Frears, presentati fuori concorso alla Biennale di Venezia 2017, hanno il merito di trasportarci indietro nel tempo, anche se in forma diversa – uno con i toni del documentario, l’altro della commedia.

 

“MY GENERATION”: IL MAGICO MONDO LONDINESE DEGLI ANNI ‘60

Un film di David Batty. Con Michael Caine, Joan Collins, Paul McCartney, Twiggy, Roger Daltrey, Lulu. Documentario, 85′. Gran Bretagna, 2017

La voce di Michael Caine ci porta, con “My generation”, nella swinging London degli anni Sessanta, quando i giovani della classe operaia rivoluzionarono la cultura popolare.

Artisti del calibro di Paul McCartney, Twiggy, Roger Daltrey condividono i loro ricordi di quel periodo, che li vide tra i protagonisti.

È emozionante essere risucchiati in quei magici anni, soprattutto per chi come me si nutre di pane e Beatles.

Abbiamo chiesto al regista David Batty qual è stata la reazione degli artisti invitati a partecipare al progetto, e lui ha risposto, sorridente: “Hanno detto sì! Sono tutti amici di Michael, che per molti di loro era un modello da imitare all’epoca, essendo di qualche anno più grande”.

Sir Michael, dal canto suo, ricorda che non avevano niente e cercavano da quel niente di plasmare un futuro nuovo, che sfidasse le convenzioni sociali della classe dirigente e fosse pieno di creatività.

E noi, semplici spettatori, proviamo nostalgia per un tempo che non abbiamo mai vissuto.

 

“VITTORIA E ABDUL”: UNA STORIA D’AMICIZIA OLTRE LE CONVENZIONI

Un film di Stephen Frears. Con Olivia Williams, Judi Dench, Michael Gambon, Eddie Izzard, Tim Pigott-Smith. Biografico, 149′. USA, Gran Bretagna, 2017

Data di uscita italiana: 26 ottobre 2017

Ispirato ai diari ritrovati di Abdul Karim, servitore/maestro/amico indiano della regina Vittoria, dove l’uomo racconta il suo rapporto con la monarca britannica, all’epoca anche imperatrice d’India.

È difficile classificare il legame che li univa. Negli ultimi anni della sua vita e del suo lunghissimo regno, Vittoria (Dench) è una donna anziana, sola e indurita, ma l’arrivo di Abdul (Fazal) l’avvolge in un mondo esotico pieno di nuovi stimoli.

Innamoramento, scambio intellettuale, dimensione spirituale: questo e altro alimenta il loro legame, secondo le parole degli stessi interpreti.

Judie Dench torna nei panni della regina Vittoria dopo vent’anni da “La mia regina” di John Madden (1997), ammettendo che non lo aveva previsto ma non ha saputo resistere, e noi ne siamo molto contenti.

Il film è gradevole, con tocchi di umorismo britannico e ottime interpretazioni di tutto il cast. Non c’è davvero alcun motivo per non andare a vederlo.

 

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Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

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