Una piccola libreria a Parigi, Nina George

Piccola libreria parigi.inddJean Perdu ha cinquant’anni e una libreria galleggiante ormeggiata sulla Senna, la “Farmacia letteraria”: per lui, infatti, ogni libro è una medicina dell’anima. Da ventun anni vive nel ricordo dell’amata Manon, arrivata a Parigi dalla Provenza e sparita all’improvviso lasciandogli soltanto una lettera, che Jean non ha mai avuto il coraggio di aprire. Ora vive solo in un palazzo abitato dai personaggi più vari: la pianista solitaria che improvvisa concerti al balcone per tutto il vicinato, il giovanissimo scrittore in crisi creativa, la bella signora malinconica tradita e abbandonata dal marito fedifrago. Per ciascuno Jean Perdu trova la cura in un libro: per tutti, salvo se stesso. Finché decide di mettersi in viaggio per cercare la donna della sua vita. Verso la Provenza e una nuova felicità.

 

Qualche volta succede anche a me: invece di leggere quanto meno la sinossi di un libro, o di soffermarmi sul genere a cui appartiene, prima di decidere di metterlo in libreria, mi faccio prendere semplicemente dalle parole contenute nel titolo. Purtroppo non sempre quest’infatuazione iniziale porta a una storia d’amore soddisfacente e a un lieto fine.

Metti insieme i termini ‘libreria’ e ‘Parigi’ e avrai buone possibilità di attirare la mia attenzione – in modo particolare se sono in viaggio proprio verso la capitale francese per qualche giorno di vacanza e di relax. Il libro di Nina George mi ha “irretita” così. Mi aspettavo molte cose, in primis che lettura e romanzi giocassero un ruolo di spicco nella storia. Jean Perdu gestisce una libreria galleggiante, ancorata sulla Senna. Più che un librario, si potrebbe definirlo un medico o quanto meno un guaritore: infatti è attraverso i libri che cerca di guarire le persone dai mali dell’anima, in modo particolare da quelli d’amore.

E fino a qui. Solo che questo non è che l’inizio della storia. La professione di Jean, la sua singolare capacità di leggere dentro gli altri, vengono tratteggiati nelle prime pagine, ma poi vanno via via sfumando. Perché totalizzante e centrale, pronto a prendere il centro del libro e a non lasciarlo più, è l’amore che l’uomo ancora nutre per Manon – la donna con cui ha avuto una relazione anni addietro e che poi è sparita nel nulla. Premetto che non sono un’amante dei romanzi d’amore fini a se stessi. Apprezzo i sentimenti quando in un libro sono uniti a qualcos’altro, a una storia avvincente, magari, a un contesto storico, geografico o culturale interessante. Non è questo il caso. Dopo 20 pagine ero decisamente stanca dei tormenti interiori del protagonista, della sua indecisione, del rimpianto per la perdita dell’amata. Forse anche per via del ritmo lento con cui il tutto viene raccontato. Ammetto che la storia aveva del potenziale, ma forse non è stata gestita – o sviluppata – nel modo più appropriato possibile.

Anche quando avviene “la svolta” – ovvero Jean rompe gli indugi, prende la sua chiatta e si mette in marcia sul fiume per raggiungere il sud della Francia e la casa di lei – questo non porta ad alcun cambiamento nel ritmo. La scrittura resta lenta, nostalgica fino all’inverosimile, per niente coinvolgente. Seguire il libraio e il suo viaggio avventuroso è stancante come vederlo chiuso in se stesso all’inizio. Non c’è nessuna scossa, nessun vero movimento.

Gli altri personaggi che fanno da spalla e da contorno a Jean, purtroppo, restano anche loro molto appiattiti, noiosi, insipidi. I dialoghi non danno brio alla storia, ma sono alquanto banali e prevedibili. E anche le vicende del giovane scrittore, degli amici incontrati sulla via, del vecchio italiano che vive sul fiume… che noia! Tutti con pene d’amore alle spalle, tutti impegnati a rimuginare e piangersi addosso. Lo ammetto, contavo le pagine che mancavano alla fine e non vedovo l’ora di mettere via il libro, e questo non è mai un buon segno.

Nel finale, come tradizione vuole, tutti i nodi narrativi vengono al pettine e trovano la loro soluzione – la storia di Manon, quella di Jean, almeno in un certo senso, ecc. ecc. – però ancora una volta lo stile del libro non permette di goderne davvero. Manca quella brillantezza e quella vivacità che fanno di una storia d’amore qualcosa di godibile anche dalle persone normali, da quelli che non amano eccessivamente il romanticismo o quanto meno che non amano leggerne per 300 pagine.

Una storia languida, lenta, sonnolenta. Con delle potenzialità per quello che riguarda trama e personaggi, ma decisamente poco adatta a chi, come me, ama i libri dove succedono delle cose, dove il ritmo contribuisce all’effetto di senso e dove, bene o male, ogni pagina è una scoperta e una novità.

 

Sperling & Kupfer 
Pandora 
giugno 2014
 208 pagine 


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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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