“Una doppia verità”: Keanu Reeves è di nuovo l’avvocato del diavolo

Un legal thriller avvincente e ben scritto che porta nella mente del difensore di un reo confesso

Un film di Courtney Hunt. Con Keanu Reeves, Renée Zelleweger, Gugu Mbatha-Raw, Jim Belushi, Gabriel Basso. Drammatico, 93’. USA, 2016

 

La realtà è tutt’altro che monolitica, e su uno stesso fatto possono esistere decine di prospettive e punti di vista.

Quando si parla di un delitto al tribunale spetta, sulla carta, l’ultima parola nello stabilire quale sia la verità. Se il giudice – e in certi casi e Paesi, la giuria – hanno il compito di esprimere un verdetto, l’avvocato deve perorare una causa, poco importa se l’assistito è colpevole o innocente.

Ma che cosa passa per la mente del difensore di un reo confesso? Il legal thriller “Una doppia verità” di Courtney Hunt ha l’ambizione di raccontarlo.

Difendere qualcuno accusato di omicidio è di per sé complesso, ma per l’avvocato Richard Ramsey (Reeves) la posta in gioco è ancora più alta. Il suo cliente, infatti, è Mike Lassiter (Basso), 17 anni, accusato di aver ucciso il padre Boone (Belushi).

Ramsey è un amico di famiglia e ha giurato alla vedova Loretta (Zelleweger) di difendere il figlio a ogni costo. Il ragazzo, però, dopo l’omicidio e la confessione si è chiuso in un silenzio ostinato.

Della difesa di Mike fa parte anche Janelle (Mbatha-Raw), avvocato con un grande talento nell’individuare testimoni non affidabili, ma segnata da un situazione personale difficile.

Quello che era partito come un processo già scritto, udienza dopo udienza muta pelle. Fino a che Mike romperà il suo silenzio arrivando a un completo ribaltamento dei ruoli tra lui e il padre. Chi mente? Chi dice la verità? Chi sta coprendo chi?

Fino all’ultimo lo spettatore non sarà in grado di rispondere, merito di una sceneggiatura che per quanto semplice e lineare non è mai scontata o prevedibile, ma anzi ricca di colpi di scena che si inseriscono in un impianto narrativo agile, diretto e coinvolgente.

La regia di Courtney Hunt è puntuale, attenta, di stampo televisivo, capace di mettere in scena un prodotto godibile e avvincente, con ritmo e pathos dall’inizio alla fine.

Keanu Reeves è ancora una volta convincente e credibile nel ruolo dell’avvocato (non possiamo non ricordarlo in “L’avvocato del Diavolo” con Al Pacino e una giovane Charlize Theron), e sa svelare poco a poco il vero volto del suo personaggio.

Quella di Gabriel Basso è una performance decorsa, lontana dai fasti del personaggio interpretato da Edward Norton in “Schegge di paura” ma comunque apprezzabile.

Merita una menzione anche Gugu Mbatha-Raw nel sofferto ruolo di Janelle, divisa tra senso di giustizia ed etica professionale. L’attrice si conferma un nome da tenere d’occhio per il futuro.

Senza infamia e senza lode, invece, Jim Belushi e Renée Zelleweger. Se dobbiamo spendere qualche parola su quest’ultima è più per domandarci a quale luminare della chirurgia estetica a stelle e strisce si debba la sua trasformazione in una maschera mono-espressiva.

Di verità ce ne sono molte, ma per un avvocato, più che conoscerla, serve avere in mano le carte giuste per vincere un processo. Perché la storia ce lo insegna, neppure la giustizia è sempre cosa di questo mondo.

 

Il biglietto d’acquistare per “Una doppio verità ” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto
(con riserva). Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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