“The Only Living Boy in New York”: da ragazzo a uomo nella Grande Mela

Marc Webb firma un'opera di formazione ispirata a Salinger, che però pecca nei personaggi

di Valentino Eletti

 

Un film di Marc Webb. Con Kate Backinsale, Jeff Bridges, Callum Turner, Pierce Brosnan. Drammatico, 89′. USA, 2017

Thomas Webb è un ventenne prossimo alla laurea che non ha la minima idea di cosa fare del resto della propria vita. Sa solo che è innamorato di Mimi, una coetanea che studia scrittura creativa alla New York University e che ha un ragazzo fisso: ragion per cui, nonostante una notte di passione trascorsa con Thomas, adesso lo ha ributtato nella “friendzone”, scegliendo di avere con lui un rapporto esclusivamente platonico. Il ragazzo vorrebbe fare lo scrittore ma suo padre, che dirige una casa editrice, ha liquidato il suo talento come meramente “utilizzabile”, il che non ha aiutato i rapporti già tesi fra genitore e figlio. La madre di Thomas, diagnosticata come depressa bipolare, completa il quadretto di questa famiglia disfunzionale newyorkese.

 

Thomas Webb è poco più di un ragazzo. Si è appena laureato ma ancora non sa cosa vuole fare della sua vita, affitta quindi una casa lontano dai suoi in una zona periferica di New York per riflettere e tentare di capire quale sarà la sua strada.

Thomas, e di questo ce ne accorgiamo subito, è un ragazzo sensibile e problematico, occhiali grandi e aria impacciata, una sorta di giovane Holden moderno che si trova ancora su quella linea d’ombra che divide l’essere ragazzi dal diventare adulti.

Ad accompagnarlo nella ricerca di un posto nel mondo, il nuovo vicino di casa, eccentrico scrittore che, con il tempo, diventa per il ragazzo un vero e proprio mentore, interpretato da un superbo Jeff Bridges.

A questa trama “di formazione” si aggiunge quella legata alla famiglia: Thomas scopre infatti che il padre ha una liaison con una donna più giovane. Se dapprima giudica la relazione con la durezza di un ragazzo idealista, la vita lo porterà a stemperare il suo punto di vista, anche perché proprio lui, Thomas, inizierà a sua volta una relazione con l’amante del padre.

The only living boy in New York” di Marc Webb è senza dubbio un’opera di formazione, che mostra – con caratteristiche simili al già citato Holden di Salinger – il processo di crescita di Thomas, da ragazzo a uomo.

Il film, però, nonostante l’interpretazione maiuscola di Jeff Bridges e una grande colonna sonora che fa venire voglia di riascoltare i classici degli anni ’70, da Lou Reed a Simon&Garfunkel, non convince del tutto.

Quello che purtroppo non funziona sono proprio i personaggi, che sembra abbiano sempre questa necessità, completamente superflua, di spiegare le loro emozioni. Emozioni che lo spettatore vede già sullo schermo. Questa fastidiosa ridondanza alla fine allontana dalle vicende umane di Thomas, lasciandoci anzi anche una punta di malcelata antipatia verso il protagonista.

Il film è comunque consigliato a tutti quelli che, come me, subiscono ancora il fascino per l’età d’oro di New York.

 

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