“Romans”: un feroce racconto di vendetta, autodistruzione e perdono

Orlando Bloom mette da parte la carriera da stella di blockbuster per un ruolo difficile e impegnativo

Un film di Ludwig Shammasian, Paul Shammasian. Con  Orlando Bloom, Janet Mongomnery, Anne Reid, Charlie Creed-Miles. Drammatico, 91’. Gran Bretagna, 2017

 

I demoni del passato, di quanto vissuto da bambini, si riflettono sulla vita adulta, condizionando il modo con cui ci rapportiamo agli altri, e la considerazione stessa che abbiamo di noi. Per questo l’infanzia dovrebbe essere un’età da tutelare, ovunque e a tutti i livelli.

Presentato al Festival internazionale del cinema di Edinburgo, e riproposto per il pubblico della Festa del cinema, “Romans” dei fratelli Ludwig e Paul Shammasian (The Pyramid Texts) è un film sofferto, duro e potente che parte da un argomento di stretta attualità su cui spesso si tende purtroppo a soprassedere, la pedofilia all’interno della Chiesa, per raccontare una parabola di rabbia, vendetta e perdono.

Malky (Bloom) è un uomo tormentato dai fantasmi del passato. Quando per lavoro deve occuparsi della demolizione della chiesa che frequentava da bambino, tornano a galla i ricordi degli abusi sessuali sofferti per mano del prete (Smillie). In un circolo vizioso senza fine, Malky sfoga il suo passato con atteggiamenti violenti, colpendo fisicamente ed emotivamente se stesso e quelli che gli sono vicini. Eppure proprio la fiducia verso gli altri potrebbe essere la sola strada per la salvezza.

Un film e una sceneggiatura potenti, che mettono in scena il tormento di un uomo segnato dal passato, incapace di perdonare il suo aguzzino ma in primo luogo se stesso. I registi hanno collaborato per la terza volta con Geoff Thompson per questo progetto – e proprio all’esperienza personale dello scrittore si ispira in parte la pellicola.

Inutile negarlo: “Romans” è una sfida lunga 91’, difficile da vedere e da digerire – come dovrebbe essere. I registi sembrano aver compreso la responsabilità e sensibilità che richiede portare una storia come questa al cinema, e hanno scelto di farlo senza orpelli o sovrastrutture, affidandosi solo alla sua potenza intrinseca.

Si tratta principalmente dello studio di un personaggio, nel suo senso più vero. Il posizionamento della camera non offre a Orlando Bloom nessun posto dove nascondersi, e poco spazio di manovra, mentre affronta sconvolgenti monologhi ed esplosivi scambi di battute con amici e persone care.

Questi momenti ci offrono degli scorci sull’anima del personaggio, e anche se le reazioni di Malky sono spesso frenetiche e violente, si riesce ad avvertirne la complessità. L’uomo è un guscio vuoto, emotivamente incapace di trovare una stabilità o di aprirsi, sessualmente bloccato. Attraversa la vita senza farsi toccare, spaventato, vulnerabile, tremendamente solo.

I registi si affidano a un simbolismo sottile ma potente – pensiamo solo all’immagine del protagonista che trasporta la croce, oppure al fatto che distrugga, letteralmente, la chiesa – per descrivere l’angoscia profonda e il risentimento di un uomo che non ha mai superato ciò che gli è successo.

Orlando Bloom si è avvicinato al personaggio di Malky mettendo da parte il suo passato di stella di blockbuster. Con grande coraggio, onestà e determinazione, l’attore inglese si è calato nel ruolo con maestria, ponendo le basi per quella che è, a oggi, la sua performance più vera e riuscita.

Il resto del cast – che comprende, tra gli altri, Alex Ferns, Anne Reid, Charlie Creed Miles e Janet Montgomery – è bravo nel ruolo di controparte. Spesso isolati e tristi per via del comportamento dell’uomo, è la forza di questo gruppo variegato di persone, i tentativi costanti di stabilire una connessione con lui che portano ad alcuni dei momenti più commoventi della pellicola.

“Romans”, in estrema sintesi, è un film che non potrà lasciare indifferenti, da vedere nonostante la complessità del tema affrontato. Ben diretto e bene interpretato, riesce nel difficile compito di aprire gli occhi e far riflettere su pedofilia, peccati della Chiesa, autodistruzione e rinascita personale senza puntare sul sensazionalismo e su uno stile gridato.

E non importa se, dopo averlo visto, non ci verrà voglia comunque di porgere l’altra guancia o perdonare quelli che ci fanno del male, come vorrebbero la Bibbia e la morale cristiana. Quanto meno sappiamo che questa è una possibilità da considerare.

 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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