Morirò, me l’ha detto Internet, Max Maestrello

Forse hai la giardia e non lo sai. E quel dolore agli organi molli? Sicuro che non sia il preludio di un infarto? Se anche tu inizi a non sentirti troppo bene, potrebbe aiutarti la lettura di “Morirò, me l’ha detto Internet. Una guida all’ipocondria piena di sintomi e nessuna soluzione di Max Maestrello”. In questa guida, dove l’ironia la fa da padrone, Max ci porta a spasso nel mondo dell’ipocondria “l’unica malattia che un ipocondriaco non ammetterà mai di avere”. Magari è l’urgente bisogno di disinfettarsi le mani con l’Amuchina, magari è il terrore dei sedili sporchi del treno, oppure è la sensazione di germi in agguato nelle ciotole delle noccioline sul bancone del bar: chi più e chi meno ci stiamo attenti, diciamo la verità. Il problema è che a volte, l’attenzione a igiene e salute può davvero scappare di mano! Max Maestrello è stato capace di scrivere una guida sincera e liberatoria. Arguta, divertente in modo mai banale e piena di aneddoti personali esilaranti. Sia che tu non tema chi ti starnutisce accanto, sia che tu passi le nottate a contare i battiti del cuore per vedere se uno salta, ti riconoscerai nelle parole di Max e saprai ridere delle tue debolezze.

Morirò me l'ha detto internet, Max Maestrello, Zandegù

Ho letto questo libro tragicomico di Max Maestrello in poche ore. Poi ho passato giorni a chiedermi cosa – e come – avrei dovuto scrivere a riguardo.

Partiamo dal presupposto che commentare una guida come questa è un’impresa davvero ardua, perché tutti gli escamotage e le “linee” che si usano normalmente per un’opera di narrativa qui sono inapplicabili. Avrebbe senso, in questo caso, fare un’analisi del protagonista, del suo carattere, delle sue particolarità? Avrebbe senso concentrarsi sulla trama, sullo sviluppo della “storia”, sugli avvenimenti? Chiaramente no.

Perché “Morirò, me l’ha detto Internet” non è un’opera di narrativa – o almeno, non lo è in senso canonico. In queste pagine scopriamo sì una storia, la storia di una persona alle prese con l’ipocondria, ma questa vicenda individuale è solo una sorta di pretesto per affrontare un macro-tema, con ironia e spirito, of course.

Come vive un ipocondriaco ai tempi di internet e dei social network? Dopo aver letto questa spassosa guida la prima risposta che mi viene da darvi, così, d’istinto, è: molto, molto, molto peggio di prima!

Come avrà sperimentato chiunque sia stato tanto incauto da cercare su Google i sintomi di una qualunque malattia che, in un modo o nell’altro, si è auto-diagnosticato, ma anche dubbi su condizioni meno drammatiche come, ad esempio, la gravidanza (colgo l’occasione per dare un consiglio spassionato: ragazze e donne in dolce attesa NON LO FATE, non fate affidamento su siti, forum e chat di discussione perché altrimenti i nove mesi diventeranno davvero un periodo eterno!) quando si parla di salute possiamo dire che l’accesso alle informazioni è una piaga, altro che salvezza.

Non ricordate il nome di un personaggio? Fate una ricerca online e risolverete il problema. Avete un qualunque dubbio di storia, geografia, cultura generale? Digitate una stringa di caratteri e il gioco è fatto. Ecco. Se avete un qualche dolorino e volete capire di cosa si tratta, NON scrivetelo su Internet! Perché la rete non porta consiglio, porta sciagure. Un affaticamento alle gambe potrebbe trasformarsi in un morbo rarissimo – e naturalmente mortale; ogni dolore in zona petto in sicura avvisaglia di infarto.

È quello che sperimentano a proprie spese il protagonista della guida Zandegù e tutti i suoi “simili”, ipocondriaci indefessi. Se la nostra mente, già di per se, tende a pensare il peggio, dopo aver passato mezz’ora online vi convincerete di essere prossimi al letto di morte.

Personalmente sono abbastanza immune dall’ipocondria – il fatto di essere figlia di medici, su di me, ha avuto un effetto positivo e calmante – quindi diciamo che non mi sono rivista nei personaggi del libro. Quello che però mi è piaciuto della scrittura e dello stile di Maestrello è la capacità di ridere – e far ridere – delle proprie fissazioni. Io non avevo troppo bisogno di questa guida per mettere in prospettiva le mie manie legare alla salute, ma chissà che qualche ipocondriaco, vedendo nero su bianco la follia a cui i malati immaginari possano arrivare, non riesca a ravvedersi… almeno un pochino!

Vi lascio con una citazione dal finale di “Morirò, ma l’ha detto Internet”, semplicemente perché è troppo spassosa per non leggerla.

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dall’ipocondria, spaventate preoccupate isteriche trascinarsi per casa, una mano sul petto all’alba in cerca di una conferma che quello che sentivano fosse davvero un infarto. […]

Ho sentito di Alessandro e del suo lavoro strettamente sedentario, non faceva sport in maniera continuativa da almeno dieci anni, ma quella gita in montagna con gli amici, si disse: “Perché non farla? D’altronde sembra così divertente che ci sarà di male in qualche ora di sana camminata?” e al ritorno aveva cominciato a sentire i polpacci indolenziti, quella sensazione che voi umani chiamereste carne greve e che per lui aveva per forza un solo nome: sclerosi multipla, e che aveva passato ore e ore in cerca di sintomi sul web e ormai sicuro si era recato dal dottore con l’autodiagnosi già fatta e il medico l’aveva guardato chiedendogli: “Ha mai provato lei, prima di venire qui da me, a consultare uno psicologo ché di quello mi pare ci sia necessità, mica di una serie di esami”, una risposta che aveva scandalizzato nel profondo Alessandro. “Se mi lascia morire così se ne assumerà le responsabilità”, aveva risposto trovandosi per la prima volta nella vita a essere accompagnato fuori da uno studio medico, invece che da una discoteca. […]





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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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