Libri al cinema: Suite francese

Apriamo oggi una nuova rubrica, dedicata ai libri (sempre più numerosi, non possiamo non notarlo) che prendono la via del grande schermo.

Per poter giudicare la bontà o meno degli adattamenti non si può prescindere dalla lettura dell’originale “cartaceo”. In questa rubrica, quindi, troveranno spazio quei titoli che sono stati sia letti che visti da noi della redazione. Dei pezzi di confronto, fatti come sempre in modo divertente e divertito, da chi non si sente affatto un critico cinematografico – e neppure un critico letterario – ma prima di tutto uno spettatore/lettore. Un modo per riflettere sul bene (o sul male) che la popolarità può fare a una storia.


 

di Rosalba D’Adamo

 

Suite francese - film e libro

 

Il 12 marzo è uscito nelle sale italiane l’attesissimo “Suite francese”, diretto da Saul Dibb, con Michelle Williams, Kristin Scott Thomas, Matthias Schoenaerts, tratto dall’omonimo libro di Irène Némirovsky, la scrittrice ebrea morta ad Auschwitz nel 1942, a soli 39 anni.

Il manoscritto del romanzo, pubblicato solo agli inizi degli anni 2000, fu nascosto in una valigia e portato in salvo dalle figlie dell’autrice, Elizabeth e Denise.

La vita di Irene compendia perfettamente la tragedia ebraica: nata a Kiev nel 1903 da una ricchissima famiglia di banchieri, vive sulla sua pelle una sorta di abbandono bianco da parte della madre. La donna, di nome Fanny, era ossessionata dalla paura di sfiorire e invecchiare, non nutriva alcun trasporto empatico per la figlia e lasciò che a crescerla ed educarla fossero le governanti francesi.

Tutto questo lasciò un segno indelebile nella vita di Irene. Allo scoppio della Rivoluzione di Ottobre, nel 1917, la famiglia Némirovsky lasciò San Pietroburgo e la Russia per stabilirsi a Parigi, dopo un breve periodo trascorso in Nord-Europa. In Francia Irene si sposò nel 1926 con Michel Epstein e consolidò la sua passione per la scrittura.

Le dolorose circostanze della sua esistenza formarono la personalità di Irene Nemirovskj, che ne trasfuse poi l’essenza nelle sue opere.

“Suite Francese” è stato il romanzo che mi ha iniziato al mondo di Irene, letto nell’edizione RCS 2012, corredata da una prefazione di Pietro Citati. A questo libro ne sono seguiti altri, tutti avvincenti e ugualmente ben scritti.

Ambientato nella campagna francese fuori Parigi durante l’occupazione nazista, “Suite Francese” è costruito su narrazioni parallele. Diverse esistenze vengono prese in osservazione all’arrivo del nemico e seguite, quando le persone fuggono come “sfollati” e tornano poi nella capitale. Caratteri diversi, bisogni disparati e disperati. Un affresco possente e maestoso che pone davanti ai nostri occhi un mondo scomparso, restituendoci la psicologia dei protagonisti e suscitando il nostro amore oppure odio.

Irene Nemirovskj può essere definita come una degna erede di Tolstoj, continuatrice del filone storico e narrativo avviato dal grande scrittore russo. Anche sotto la patina della sua perfetta educazione francese, infatti, l’autrice riesce a trasmetterci la sua grande e dolce anima russa.

Il film del 2015 ci restituisce i personaggi principali. Lucille, attratta dal soldato tedesco, la suocera, i personaggi del villaggio contadino. Gli anni 40 sono rievocati perfettamente, con le brutture della guerra e la disperazione della gente. Ogni elemento è al suo posto e la luce dei ricordi irradiata attraverso una patina lattiginosa ci trasporta lontano dal presente.

Gli sceneggiatori non nascondono le barbarie naziste, non lesinano allo spettatore momenti duri e drammatici. Ottime la fotografia e le luci, convincenti gli attori.


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