“Letto n. 6”: un thriller soprannaturale che spaventa poco e inquieta meno

Carolina Crescentini protagonista volenterosa ma incerta nell'esordio alla regia di Milena Cocozza

Un film di Milena Cocozza. Con Carolina Crescentini, Andrea Lattanzi, Pier Giorgio Bellocchio, Roberto Citran. Thriller, 117′. Italia 2020

Roma, oggi. La dottoressa Bianca Valentino prende servizio nella clinica infantile privata gestita da religiose e diretta da Padre Severo. È lui a informarla del fatto che la pediatra a cui lei sta subentrando si è suicidata lanciandosi dalla finestra della stanza in cui anche a lei toccano le guardie notturne. Per prudenza Bianca non ha rivelato al suo datore di lavoro di essere incinta, ma non è questa la ragione degli incubi e delle inquietudini che iniziano ad agitare le sue notti. Sono i richiami lamentosi di Michele, un bambino, che nell’oscurità occupa il letto numero 6 per poi smaterializzarsi misteriosamente. Un infante rancoroso che, oltre a toglierle il sonno, si accanisce anche nei confronti degli altri piccoli pazienti. Bianca ne denuncia la presenza, ma per motivi diversi né suo marito Ettore né Padre Severo le credono. Ma poco a poco emergeranno dal passato le ragioni e responsabilità di chi ha interesse a tenere nascosto Michele.

 

Non ho idea se i precedenti cinque letti immaginati dagli sceneggiatori avessero la loro ragione di esistere, ma sta di fatto che il “Letto n.6” è narrativamente debole, poco incisivo, mancante di pathos e ritmo.

Presentato in autunno nella sezione After Hours del TFF, esordio alla regia di Milena Cocozza, il film è un classico horror psicologico costruito sui sensi di colpa e sui timori della protagonista, una pediatra in dolce attesa che prende servizio in una clinica privata, interpretata da una volenterosa quanto incerta Carolina Crescentini.

“Letto n. 6” presenta una struttura narrativa piuttosto prevedibile nello sviluppo e scontata nei colpi di scena, fallendo nell’obiettivo di trascinare il pubblico dentro una storia sospeso tra follia e soprannaturale.

La pellicola rientra in quel sotto-genere di horror molto di moda oggi negli States, dove “il Maligno” si incarna in un bambino. La regista ha scelto di muoversi quindi su una strada già ampiamente battuta, evitando da una parte inutili derive autoriali, ma dall’altra mancando anche di immaginazione. Si salvano alcuni passaggi, qualche fiammata interpretativa – la Crescentini fa il possibile – e poco altro.

Tra tante citazioni e rimandi a celebri precedenti, “Letto n.6” spaventa poco e inquieta ancora meno, pagando lo scotto di una sceneggiatura dispersiva e di una visione d’insieme poco coinvolgente. Un’occasione mancata.

 

Il biglietto da acquistare per “Letto n. 6” è:
Neanche regalato (con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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