La scopa del sistema, David Foster Wallace

di Luca Pollara

 

Le opere, il linguaggio e le strutture di David Foster Wallace sono state tra le più analizzate della letteratura post-moderna. Forse non lo si può definire un vero modello ispiratore, ma di certo è stato ed è un punto di riferimento per alcuni importanti autori contemporanei in tutto il mondo. Tra loro ricordiamo, in Italia, Edoardo Nesi e il giovane Alessandro Raveggi.

Ciò che più vi affascinerà de “La scopa del sistema” è il sapiente, calibrato, mirato uso linguistico. La poliedricità dello scrittore americano si concretizza qui nell’uso di conosciuti metodi letterari.

Potreste ravvisare una specie di cornice al cui interno si incastonano i racconti di Rick Vigourous, sempre diretti a Lenore, uno dei punti focali della narrazione, ma non illudetevi, perché Wallace non opta per una mera ripresa. Al contrario, Wallace riprende e reinterpreta, modifica e perfeziona, arrivando fino alle vette di una mimesis linguistica che nei capitoli finali porta a un’ascesa continua che vi spiazzerà e colmerà di meraviglia.

Vi chiederete se tutto è come sembra. Vigourous è un uomo dall’atteggiamento virile? Lenore è davvero la protagonista? Il centro del romanzo sono davvero i suoi protagonisti o non è piuttosto la storia in se? Definire questi elementi è un vero gioco d’interpretazione, una ricerca eziologica la cui matassa è difficilmente estricabile.

“La scopa del sistema” è un caleidoscopio di modernità con spinte che ammiccano al grottesco, al surreale, al comico, a un’infinità di linguaggi e sistemi che Wallace padroneggia divinamente. Non di rado si percepisce una nota, mai euforica, di autocompiacimento per queste sue doti. Ma come rimproverarlo per questo?

Gustave Falubert voleva scrivere un grande “livre sur rien”, ovvero un libro sul nulla. Wallace, qui, ci è quasi riuscito, o forse ci è riuscito con maestosità. Scrivere un romanzo il cui contenuto sia capace di reggersi sulla forza e sull’elaborazione sintattica, sull’intensità e la precisione delle parole, è questo il suo risultato.

La realtà penetra la pagina come una sciabola affilata, attraverso la sua penna, e vi mostra la carne nuda nei suoi diversi aspetti senza remore o timori.

Non si può parlare di un’opera lineare: nel pieno rispetto e nell’assoluta consapevolezza dell’evoluzione dei tempi Wallace restituisce infatti una narrazione multiforme e multi vocale, capace di alternare capitoli descrittivi e capitoli discorsivi con estrema naturalezza, senza far sfuggire nulla dalla tela che realizza a specchio della modernità.

C’è una tematica di base, il famoso “tema” che spesso si cerca di rintracciare nelle opere letterarie di ogni tempo e di ogni autore? La risposta più corretta è “ni”. Ce ne sono tanti, di temi, e nessuno.

Il meglio che si possa fare e leggere quest’opera aperti a ogni evenienza, a ogni spunto, con la leggerezza della modernità e l’acribia dei secoli passati. Perché in Wallace tutto ciò si unisce e fuoriesce in nuove forme e modalità espressive di inestimabile valore. Non è il filo che tiene insieme il sistema, ciò che conta qui, ma ciò che si dipana su e attraverso di esso.

Non è un romanzo semplice, non sceglietelo se quello che vi aspettate è una storia dalla trama definita e capace di rispettare le tabelle di Greimas. Ma se credete di essere capaci di farvi ammaliare da un linguaggio dalle mille sfaccettature, mirabolante e giocoso, preciso, allora “La scopa del sistema” è il modo migliore per mettervi alla prova.

Consigliamo l’edizione Einaudi del 2014 con l’utile e puntuale prefazione di Stefano Bartezzaghi.

Buona lettura.





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