La donna dal taccuino rosso, Antoine Laurain

La donna dal taccuino rossoUna molletta per capelli, una boccetta di profumo Habanita, qualche vecchia fotografia, una bottiglia di Evian da mezzo litro, un fermaglio con un fiore di stoffa azzurro, una penna a sfera Montblanc nera, un paio di dadi rossi, tre sassolini sicuramente raccolti in luoghi significativi, un romanzo di Patrick Modiano con dedica, un portachiavi dorato con incisi alcuni geroglifici, un accendino, una ricetta delle animelle di vitello strappata da una rivista femminile, un burrocacao, una bustina di Efferalgan, un taccuino rosso con annotata una lunga lista di “Ho paura…” e una di “Mi piace…” Ecco cosa può esserci nella borsa di una donna, ed ecco cosa c’è in quella color malva che, un mattino, il libraio Laurent trova abbandonata su un marciapiede nelle strade di Parigi. La proprietaria, aggredita e rapinata da un ladro la notte precedente, si è rifugiata in un albergo poco distante. Prende una camera e si addormenta, convinta di non aver bisogno di cure. Il giorno successivo, però, il concierge la trova in coma e chiama subito i soccorsi. Contemporaneamente, Laurent comincia a sfogliare il taccuino della donna misteriosa. Rimane affascinato dai suoi pensieri, si perde fra annotazioni, sogni e ricordi. Gli sembra una pazzia, ma decide di cercarla. Da dove cominciare, però? L’unico indizio a sua disposizione è la dedica di Modiano, un vago “A Laure, in ricordo del nostro incontro sotto la pioggia” scarabocchiato sul frontespizio.

 

I commenti che ho leggiucchiato qua e là in rete su questo libricino non sono molto lusinghieri, ma devo dire che a me non è dispiaciuto. Nel mio non essere una grande appassionata delle storie agrodolci che parlano d’amore, e d’amore nel nostro mondo occidentale, ho apprezzato la brevità della cosa, lo stile dell’autore, per certi versi anche la trama.

Una donna viene scippata, non riesce a difendere la sua borsa color lavanda dal male intenzionato. Non si arrende senza aver opposto una qualche resistenza, che le costa una botta in testa – pardon, contro il muro. Rifugiatasi a dormire in un albergo – le chiavi di casa, infatti, sono andate perdute insieme alla borsa – la donna, che di nome fa Laure e di professione la doratrice, si addormenta per non svegliarsi al mattino. Il colpo ricevuto, infatti, è più grave di quanto lei avesse stimato, la commozione cranica l’ha fatta precipitare in uno stato di incoscienza.

Mentre Laure vive la sua parte della storia e finisce in coma in un letto di ospedale, il libraio Laurent – un matrimonio finito alle spalle, una figlia adolescente che non conosce la parola “no” – ritrova la sua borsa. Incuriosito, la porta a casa sua e cerca di risalire, dagli oggetti che via via tira fuori da tasche, scomparti e via dicendo, l’identità della proprietaria. Questa caccia al tesoro sui generis lo porterà a interagire con un premio Nobel per la letteratura, il connazionale Modiano, e soprattutto a mettersi in gioco. Ci sarà il lieto fine per questi due personaggi all’apparenza normali, ma a loro modo malinconici, condizionati da un passato che non è stato particolarmente lieto?

Come ho anticipato, la brevità del libro è uno dei punti di forza – ma forse anche uno dei punti deboli. Se da un lato il circoscritto numero di pagine garantisce che il lettore non si annoi, non si stufi, non sbuffi sperando che la fine di tutto arrivi presto – cosa che sarebbe potuta accadere se Antoine Laurain avesse girato intorno alle vicende più a lungo, avesse sviscerato ancora di più i pensieri dei personaggi, avesse aggiunto riempitivi di fatto non funzionali – dall’altro, quando il finale arriva si ha come la sensazione che le cose sarebbero potute durare anche un pochino di più. Esiste un giusto mezzo tra il troppo e il troppo poco? Per certi versi, dopo aver letto “La donna dal taccuino rosso” si ha come la sensazione che in questo caso, l’autore non sia riuscito a centrarlo, questo giusto mezzo.

Ma ovviamente la misura perfetta di una storia dipende dal lettore, e dalla storia naturalmente. Per una vicenda così particolare ma al contempo quotidiana, per una ricerca tra le strade di Parigi seguendo una labile scia di indizi – scontrini della lavanderia, dediche sui libri, mollette per capelli – forse la brevità è stata la scelta migliore.

Lo stile dell’autore mi è piaciuto. Nel suo modo di raccontare gli eventi non c’è mai spazio per un’eccessiva caduta sul melenso e sul tragico, e questo lo trovo un pregio. La vita di Laure ha avuto i suoi momenti drammatici, lasciarsi andare a un andamento laconico, a un’eccessiva commiserazione, era un rischio concreto. E invece Laurain riesce a mantenere un tono lieve, malinconico sì, ma mai cupo.

Il lettore viene incuriosito dal passato di questi due personaggi all’apparenza così diversi, entra in punta di piedi nelle rispettive vite e scopre episodi, volti, scorci. Un modo particolare di contestualizzare quello che avviene nel presente.

Nota a margine, ho apprezzato molto il modo in cui è stato trattato e inserito il tema della libreria. Capita sempre più spesso di vedere libri e autori che cercano di trarre il maggiore vantaggio possibile da questo elemento, inserendo rimandi nel titolo e in copertina, esagerando la portata di questo luogo magico per ogni appassionato di libri che si rispetti solo al fine di vendere di più. In questo caso, invece, la professione e il luogo di lavoro del protagonista si inseriscono benissimo nella storia, e danno un tocco in più alla storia. Laurent fa davvero il libraio, si occupa del suo business, ha a che fare con clienti e fornitori. Della libreria si parla davvero, qualche volta è come trovarsi tra gli scaffali. Per una volta, niente strumentalizzazioni.

Tirando le somme, forse non si tratta di un capolavoro della narrativa contemporanea, ma “La donna dal taccuino rosso” è un libro, quasi un racconto lungo, piacevole da leggere. La storia non sarà il massimo dell’originalità, ma tutti i passaggi si incastrano alla perfezione, complice anche uno stile scorrevole e giusto, per formare questo quadro dolce-amaro. Tra le righe si vede Parigi, si percepisce la vita che scorre. Amore, destino e fantasia. Con un pizzico di Modiano.

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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