Intervista a Beatrice Grannò, attrice rivelazione alla Festa del cinema

A Roma ha conquistato il pubblico con i ruoli nei film "Mi chiedo quando ti mancherò" e "Tornare"

Ha conquistato il pubblico della Festa del cinema di Roma nel doppio ruolo di Amanda in “Mi chiedo quando ti mancherò” di Francesco Fei e in quello di una giovane Alice in “Tornare di Cristina Comencini”: Beatrice Grannò è sicuramente una delle giovani attrici italiane da tenere d’occhio per il futuro.

Romana, classe 1993, ha frequentato tra il 2013 e il 2016 la East15 Acting School di Londra. Nel 2013 ha esordito in tv nella serie “Don Matteo 9”, mentre a partire dal 2014 ha collezionato diverse esperienze in teatro. Il 2019 è l’anno del cinema: Beatrice è stata infatti impegnata su quattro set, con film che vedremo prossimamente in sala.

Nella nostra intervista abbiamo parlato con lei dell’esperienza alla Festa del cinema di Roma e dei due personaggi che l’hanno fatta apprezzare dal pubblico, ma anche di progetti, aspirazioni e sogni nel cassetto.

 

Ciao Beatrice, benvenuta su Parole a Colori. Iniziamo con una domanda classica: com’è nata la passione per la recitazione? C’è staro un momento preciso in cui ti sei detta: Sì, io voglio fare l’attrice?

In realtà la recitazione è arrivata all’ultimo, dopo tutto il resto. Io ho sempre fatto altro, ho fatto danza, ho suonato il pianoforte per tanti anni, ho cantato, anche se l’elemento della performance mi è sempre appartenuto, cioè l’idea di fare uno spettacolo, fare qualsiasi cosa che potesse avere un pubblico. E poi quando ero agli ultimi anni di Liceo sono entrata in un’accademia di musical, quasi per caso. Era in Toscana, a Prato, e lì ho scoperto ancora più approfonditamente questo mondo. Alla fine penso che la recitazione contenga un po’ tutto quello che mi piace fare.

Infatti ho letto che suoni vari strumenti, tra cui l’ukulele…

Ho sempre suonato il pianoforte, però, per quanto riguarda la parte cantautoriale in qualche modo nell’ukulele, essendo uno strumento molto più semplice, ho trovato un modo più diretto per scrivere i miei pezzi. L’ukulele mi ha permesso di esprimermi meglio rispetto al pianoforte. Mi piacerebbe in futuro sviluppare ancora di più questa cosa e scrivere dei pezzi miei e organizzarli. Ma ogni cosa a suo tempo.

Alla Festa del Cinema di Roma eri presente in una doppia veste, in “Tornare” di Cristina Comencini e in “Mi chiedo quando ti mancherò” di Francesco Fei. In entrambi i casi i tuoi sono personaggi determinati, vivi. Come ti sei preparata per questi ruoli? E qual è stato il più difficile da portare sul grande schermo?

“Mi chiedo quando ti mancherò” è stato il mio primo film e anche una grande responsabilità. Avevo fatto già qualcosa prima ma non di questa portata. Si tratta soprattutto di due registi diversi con approcci diversi al lavoro. Francesco Fei è molto più libero, si è affidato a noi attori e prima di girare abbiamo fatto una serie di prove, abbiamo discusso molto del personaggio. Amanda è un personaggio che ha una grande risonanza, sento di avere in comune con lei il bisogno di lottare per far trasparire il proprio valore nonostante l’apparenza fisica, che nel suo caso è un discorso proprio fisico, nel mio più di atteggiamento. Penso che ci siano molte adolescenti oggi che vengono giudicate per il loro atteggiamento, senza avere modo di esprimersi. Per me essere Amanda è stato un riscatto, il riuscire a trovare una forza e una libertà contando solamente su me stessa. Ed è questo che ha in comune con Alice, il personaggio di “Tornare”: entrambe sono ragazze che devono contare solo su loro stesse per superare delle difficoltà. La Comencini sa perfettamente quello che vuole, ti dice scientificamente come fare e come raggiungere quell’obiettivo e tu lo fai. È una donna molto forte, travolgente, per me anche una grande fonte di ispirazione.

Come hai detto tu Amanda è una figura positiva, che potrebbe ispirare altri, soprattutto giovani, a lasciarsi il passato alle spalle e costruirsi un futuro migliore. Quale messaggio vorresti arrivasse al pubblico che guarda la sua storia?

Vorrei che arrivasse il messaggio che c’è sempre una via d’uscita, che invece di cercare l’accettazione negli altri, la forza va cercata dentro se stessi. Amanda cerca continuamente di avere conferme nell’altro, mentre alla fine lei viene fuori dal suo dolore soltanto attraverso la sua amica immaginaria che altro non è che una proiezione di se stessa.

Questo ruolo ti ha già portato fortuna, facendoti vincere il premio Rb Casting. Cosa hai provato?

Vincere il premio mi ha reso molto felice perché ho creduto fin da subito nel progetto e nonostante le difficoltà di produzione non ho pensato mai, in nessun momento, che stessimo andando in una direzione sbagliata. Amanda è un personaggio d’oro per un’attrice, perché ti permette di spaziare e di venire fuori sotto molteplici aspetti. Tengo molto a questo personaggio che per me rappresenta l’inizio di tante cose.”

E tornando un attimo a “Tornare”, com’è stato lavorare con Giovanna Mezzogiorno?

Bellissimo. Mi sono molto legata a Giovanna. Eravamo pochi sul set e abbiamo fatto molto gruppo. Mi sono trovata molto bene con lei, forse perché siamo affini, e lei con me è stata molto affettuosa. E poi ci siamo ritrovate in un altro set di un film che uscirà l’anno prossimo penso, “Gli indifferenti”, in cui anche lei ha un ruolo.

A tal proposito, hai delle attrici di riferimento, italiane e non, qualcuno a cui ti ispiri?

Catherine Deneuve pensando al passato, poi Emma Stone che trovo incredibile. In Italia è difficile. Mi piacciono molto Valeria Bruni Tedeschi e Monica Vitti, anche se ci sono tante attrici giovani che ammiro, come Valentina Bellè o Linda Caridi. A differenza dal passato in cui c’erano più che altro delle icone, oggi c’è così tanta diversità e varietà che esprimere una preferenza non è facile.

Tu nasci lavorativamente parlando come attrice teatro, ma hai avuto negli anni anche alcune esperienze televisive e adesso al cinema. C’è un ambiente in cui ti senti più a tuo agio?

Si, io ho studiato a Londra e ho formato una compagnia teatrale che rappresenta le mie radici. Con loro faccio commedia assurda, un po’ underground, un po’ dark, molto vicina alla realtà del clowning che comunque è stata una delle cose in cui mi sono specializzata. Stiamo parlando di due cose completamente diverse: da una parte un teatro quasi di strada, in cui ho una libertà di espressione totale, dall’altro il set. Non saprei scegliere. Per me l’importante è poter raccontare qualcosa, poi farlo attraverso un film o una serie tv o uno spettacolo è indifferente, cambia solo il mezzo. Però è vero che quando ho una pausa e mi fermo un attimo, corro a Londra dalla mia compagnia e facciamo un un altro spettacolo.

E, quindi, in futuro che storia ti piacerebbe raccontare? Che donna vorresti essere?

Per me l’importante è raccontare una storia che abbia un valore e che possa in qualche modo riscattare altre donne, che possa raccontare in maniera approfondita la femminilità. Pensare però a un personaggio nello specifico che vorrei interpretare mi risulta difficile. Se proprio devo dire un personaggio a cui penso, più per un discorso di divertimento che altro, mi piacerebbe interpretare una creatura che vive da sola nella foresta, mezzo uomo, mezzo animale.

Per chiudere, tre aggettivi per definirti?

Solare, romantica – non nel senso sentimentale del termine ma proprio per come vedo le cose – e con la testa per terra e i piedi tra le nuvole.

Grazie a Beatrice Grannò per essere stata con noi. Solo un’ultima curiosità: ma è vero che hai la patente per l’aliante?

[Ride] Ma no. Non lo so perché gira questa voce. Ho solo la patente per la macchina, ve l’assicuro!

 

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Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

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