“Il racconto dei racconti”: una riflessione sulla natura dell’amore

Matteo Garrone si mette alla prova con il genere fantasy, puntando su costumi e ambientazioni

Un film di Matteo Garrone. Con Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Alba Rohrwacher. Fantasy, 125′. Italia, Francia, Gran Bretagna, 2015

Liberamente ispirato a “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile

1600. Una regina non riesce più a sorridere, consumata dal desiderio di quel figlio che non arriva. Due anziane sorelle fanno leva su un equivoco per attirare le attenzioni di un re erotomane sempre affamato di carne fresca. Un sovrano organizza un torneo per dare in sposa la figlia contando sul fatto che nessuno dei pretendenti supererà la prova da lui ideata, così la figlia non lascerà il suo fianco e i confini angusti del loro castello.

 

Il mondo è diventato un posto orribile, dove l’uomo dà il peggio di sé tra omicidi, stupri, imbrogli, disonestà varie e corruzione. Per la fantasia e per le favole che ci raccontavano i nostri nonni da piccoli, in questo mondo, sembra quasi non esserci più spazio.

Il cinema stesso, ultimamente, sembra più interessato a raccontare la brutalità del mondo che la sua bellezza. Mi piace pensare che Matteo Garrone abbia fatto riflessioni simili, mentre pensava a questo film e decideva, con coraggio e talento, di mettersi in gioco e stupire il suo pubblico.

Già perché dimenticate il Garrone che abbiamo conosciuto e amato fino ad oggi, quello di “L’imbalsamatore”, “Gomorra” e “Reality”: con “Il racconto dei racconti” il regista romano decide di sfidare i maestri del fantasy, dimostrando che anche noi italiani possiamo incantare e meravigliare. A modo nostro.

Nei giorni scorsi ho letto alcune recensioni di critici veri che hanno espresso pareri poco lusinghieri su questa pellicola, per questo, onestamente, non sapevo cosa aspettarmi. Ebbene dopo essermi seduto in sala e aver visto il film ho capito due cose: la prima è che sono felice di essere “diversamente ignorante”, e di recensire ciò che vedo usando parole non necessariamente criptiche; la seconda è che quando guardi un film non devi per forza farti troppe ”pippe mentali” artistiche e interpretative.

Garrone ha scelto di costruire la storia intorno a tre racconti e la forza del film non sta tanto nella sceneggiatura in senso stretto quanto nella grandiosità con cui i tre episodi vengono rappresentati. Il regista ha il merito di aver messo in campo una forte visione d’insieme, riuscendo a costruire un mondo magico che lascia lo spettatore quanto meno stupito.

Il film è stato girato quasi interamente in Italia, eppure le somiglianze con la natura che conosciamo non si notano molto, rapiti come siamo da questi paesaggi naturali ma scenografici. La fotografia regale sostiene un fantasy che colpisce per la forza dei colori e la presenza di mostri, draghi e orchi assai credibili, all’altezza di quelli delle produzioni americane. Per questo non si può non tributare il giusto riconoscimento ai professionisti scelti da Garrone – truccatori, costumisti, esperti di effetti speciali – che hanno dato un importante contributo alla riuscita del film.

La pellicola parte effettivamente lenta, per poi prendere quota nella parte centrale, riuscendo a coinvolgere lo spettatore soprattutto grazie alle immagini e nel complesso a un buon pathos narrativo. Personalmente ho apprezzato il racconto delle due vecchie più degli altri, perché qui il testo e la parte recitativa sono più intensi e interessanti.

Matteo Garrone, a mio modesto parere, vince la sfida che si era posto, dimostrando la sua poliedricità artistica ed evidenziando una maturità professionale che ne fa un regista d’avanguardia nel nostro paese, un regista pronto per mettersi alla prova con qualunque genere.

Per il cinema di casa nostra è sicuramente un’ottima notizia. Per lo spettatore pure, perché “Il racconto dei racconti” è la prova che è ancora possibile fare prodotti di qualità partendo da una materia fiabesca.

 

Il biglietto da acquistare per “Il racconto dei racconti” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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