di Claudia Magnifico

 

Per Changez, astro nascente della finanza, protagonista del romanzo “Il fondamentalista riluttante“, l’America è il paese delle grandi opportunità, il luogo dove tutto è possibile, la competizione premia e i sogni sono a portata di mano.

Giovane pakistano, una laurea a Princeton ottenuta grazie a una borsa di studio, una promettente carriera alla Underwood Samson, società di consulenza newyorkese, Changez sembra assaporare ogni istante del sogno americano, tra amici facoltosi nell’Upper East Side e un futuro tutto da scrivere.

La sua vita e la sua carriera sembrano procedere a vele spiegate, fino a quando un giorno, l’11 settembre 2001, una nube di fumo nero plana sulla sua vita.

All’improvviso la barba e il colore della sua pelle incutono timore, rendono sospettosi, le file per il controllo passaporti si allungano, la giacca, la ventiquattrore e il colletto bianco non bastano più a rassicurare gli agenti .

Quel paese che lo ha accolto come un cittadino, adesso lo tratta come un sospetto terrorista. Pretestuosi, invadenti slogan grondano rabbia, giurano vendetta; presuntuose, onnipresenti bandiere a stelle e a strisce sventolano ovunque. Quella terra immensa e variopinta, un tempo impenetrabile e invincibile, adesso appare inospitale e invisa ai suoi stessi cittadini.

Alla Underwood Samson il segreto sta nell’isolarsi da tutto il resto e concentrarsi sui “fondamenti”. Così, senza porsi troppi interrogativi, Changez continua a impegnarsi anima e corpo nel lavoro per cui è stato scelto tra mille, imparando a nuotare facendosi largo tra gli squali dell’alta finanza, collezionando successi, strette di mano importanti e prestigiosi incarichi all’estero.

Ma durante un viaggio d’affari in Cile, l’eco di quanto accaduto negli Stati Uniti e nel resto del mondo dopo gli attentati infrange definitivamente la sua campana di vetro. Quella che pareva essere solo una leggera crepa diventa una profonda frattura.

Changez realizza che non è altri che un giannizzero, un soldato al servizio di un impero che non è il suo; un impero che lo ha strappato al paese natio, assorbendo il suo talento e la sua voglia di emergere.

Nel frattempo a casa sua, in Pakistan, comincia a consumarsi la vera tragedia.

Riz Ahmed interpreta Changez nell’adattamento del romanzo del 2012, diretto da Mira Nair.

Conscio di compromettere la sua valutazione, di deludere le aspettative del suo mentore e di voltare le spalle al suo team, Changez trova il coraggio di compiere il primo passo verso un cambiamento irreversibile, un voltafaccia che gli costerà la carriera e lo porrà, come una pedina, dall’altra parte della scacchiera.

L’America delle grandi opportunità, a cui è stato a lungo devoto, sembra ormai solo un ricordo. Del paese dello zio Tom non restano che le locandine di Hollywood e i volti glabri dei Marines, il jazz e il rythme&blues, i pacchetti di Lucky Strike accanto ai visi delle pin-up , per sempre vivi e fiammanti in nostalgiche pubblicità anni ‘50.

Senza pressioni o insistenze, la penna dello scrittore pakistano Mohsid Hamid scivola tra le pieghe di una ferita ancora aperta, tra le mille sfumature di una tragedia senza pari come l’11 settembre, tra gli estremi di un conflitto ambiguo dagli intenti vaghi e dai contorni indefiniti, in cui è arduo distinguere vincitori e vinti.

Sfiorato da una piacevole brezza di romanticismo, il monologo di Changez descrive e testimonia il progressivo sgretolarsi del sogno americano, eterna speranza ed eterna illusione di intere generazioni di giovani di tutto il mondo.

Col garbo e la delicatezza propri della sua terra, Hamid assiste il lettore in questo brusco risveglio e, alternando picchi di malinconia e di orgoglio, rivela il volto più contorto e vulnerabile dell’America delle opportunità, dei sogni e delle grandi contraddizioni.

Il fondamentalista riluttante” ci consegna il ritratto di un paese ansioso di tornare a splendere, che nella solennità delle commemorazioni, dalle finestre dei suoi grattacieli, sotto la coltre dei detriti e la supponenza delle bandiere, annaspa per restare a galla, soffocando tra le spire della sua insicurezza, covando in sé ancora tanto dolore e tanta paura.

Previous articleManet e la Parigi moderna: rottura, rinnovamento e dipinti en plain air
Next articleIntervista a Sarah Tognetti, regina dello stile shabby chic
Parole a Colori
Un portale d’informazione che si occupa di cultura e spettacolo a 360°, con un occhio di riguardo per il mondo dei libri e dell’editoria, per il cinema, la televisione, l’arte.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here