“Il figlio sospeso”: un melodramma con del potenziale che non convince

Egidio Termine affronta il tema delicato e attualissimo della maternità surrogata, ma la storia è fredda

Un film di Egidio Termine. Con Paolo Briguglia, Gioia Spaziani, Aglaia Mora, Laura Giordano, Egidio Termine. Drammatico, 89′. Italia, 2017

Data di uscita italiana: 23 novembre 2017

Lauro è un giovane fotografo timido e impacciato. Nel suo passato c’è un segreto che ha condizionato tutta la sua esistenza, ma del quale lui conosce solo le conseguenze, senza riuscire a individuarne la causa. Un istinto irresistibile lo porta tuttavia a mettersi alla ricerca di un suo possibile fratello perduto, figlio di una relazione che il padre avrebbe (forse) avuto con una vicina di casa. La donna, Margherita, è diventata una famosa pittrice, e con la scusa di fotografarla Lauro si reca a Zafferano, un paesino siciliano. E quello che scoprirà sarà molto più complesso di quanto avesse immaginato.

 

La verità ci rende liberi. È da questa asserzione evangelica che sono partito, per affrontare nel mio film un argomento di forte attualità e complessità come la maternità surrogata, che ha creato e continua a creare divisioni”. Con queste parole il regista e sceneggiatore Egidio Termine presenta il suo nuovo film, “Il figlio sospeso”.

E noi non vogliamo essere da meno, recensendo con oggettività questa pellicola indipendente coraggiosa e dalle premesse drammaturgiche interessanti che però, purtroppo, si risolve in un prodotto deludente, pasticciato e confusionario.

Termine affronta, per sua stessa ammissione, una tematica controversa e delicata come la maternità surrogata scegliendo però di farlo in un modo poco convincente e soprattutto difficile da seguire.

L’unita temporale (presente, passato) è mescolata all’elemento immaginario con scarsa armonia e linearità, impedendo allo spettatore di cogliere a pieno personalità e sfumature psicologiche dei quattro protagonisti della storia – Margherita (Spaziani), Lauro/Anturio (Briguglia) e Giacinta (Mora) – e di conseguenza di affezionarsi a loro.

“Il figlio sospeso”, paradossalmente, dà l’idea di una storia fredda, rarefatta, costruita a tavolino, quasi priva di un qualsiasi tipo di slancio emotivo sincero.

Chi vi scrive ha grandi stima professionale e simpatia umana per Paolo Briguglia e Gioia Spaziani, avendoli apprezzati in film precedenti. In questo caso, purtroppo, nonostante la professionalità e la passione messa in campo, i due attori appaiono fuori contesto, ben lontani dai consueti standard.

Non sto scrivendo questi giudizi severi su una piccola produzione indipendente a cuor leggero, ma la sensazione che ho avuto, all’uscita dalla sala, è stata quella di un film incompiuto, abbozzato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato e importante. Peccato.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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