“Il Commissario Montalbano”: due nuovi episodi per due serate crime

Compie 20 anni la serie tv italiana più seguita. Su Rai 1 "L'altro capo del filo" e "Un diario del '43"

Buon ventesimo anniversario, Commissario Montalbano! Era il 1999 quando su Rai 2 furono trasmessi i primi due episodi della serie (Il ladro di meredine, La voce del violino) con protagonista il personaggio ideato dal maestro Andrea Camilleri, dando così inizio a un “ventennio” di crescente e forse inaspettato successo, anche internazionale.

Pensate che “Il ladro di merendine” venne addirittura candidato per i prestigiosi Emmy Awards, e oggi Montalbano è la serie italiana più apprezzata al mondo – con le repliche dei 32 episodi che continuano a stabilire record di ascolti (in 20 anni, in Italia, si è superata un miliardo di spettatori).

Numeri che da soli dovrebbero impedire anche il solo pensiero di criticare, strumentalizzare o peggio ancora mettere in discussione uno dei pochi, veri gioielli della nostra balbettante industria radiotelevisiva.

Invece essendo l’Italia un Paese specializzato nelle polemiche inutili quanto dannose, la celebrazione del 20esimo anniversario del Commissario più amato del piccolo schermo sarà ricordata per le polemiche nate alla presentazione del primo episodio della nuova serie, “L’altro capo del filo”, che vedremo in onda l’11 febbraio.

Polemiche motivate dal fatto che, nella parte iniziale dell’episodio, si vede l’intervento di Montalbano e della sua squadra in un’operazione di salvataggio di migranti sulle coste della Sicilia. In barba alla linea ufficiale del Governo.

Ma chi sostiene e diffonde la tesi di una Rai “sovranista”, in difficoltà con questo Montalbano pro-migranti, compie, a nostro modesto parere, un duplice errore di valutazione.

Da una parte consolida l’opinione – pericolissima – che la tv di stato debba essere una mera emanazione del Governo in carica, con la conseguente censura di qualunque voce fuori dal coro. Dall’altra, ancor più importante, dimentica che il libro di Camilleri da cui è tratto l’episodio è stato scritto e pubblicato nel 2016, quando non c’era ancora sentore di governo gialloverde.

L’altro capo del filo”, centesimo romanzo di Camilleri, suscitò reazioni contrastanti e perplessità già al momento dell’uscita, ma solo di carattere artistico. Personalmente già allora avevo dei dubbi narrativi e strutturali sull’opera (potete leggere qui la mia recensione) e dopo averne visto l’adattamento televisivo mi sento prima di tutto di scrivere: fuori la politica da Montalbano e torniamo ad occuparci solo di tv!

Questo, secondo me, è uno degli episodi meno riusciti e convincenti dei trentatre finora prodotti dalla Palomar. I limiti e le contraddizioni del romanzo vengono infatti amplificate.

La scelta degli autori, per quanto compiuta in accordo con Camilleri, di riscrivere la parte iniziale ne ha totalmente depotenziato la vis polemica e ha banalizzato il profondo senso civico e morale immaginato originariamente dall’autore.

Aver edulcorato il pensiero politico di Montalbano sulla vicenda migranti non soltanto delude i fan della serie, ma confonde prima, e successivamente delude lo spettatore medio, convinto di vedere un episodio incentrato sulla controversa questione. Invece ci si ritrova subito catapultati dentro un’indagine d’omicidio “classica”, del tutto estranea dal precedente contesto.

“L’altro capo del filo” ha l’amaro sapore di una ciambella senza buco, sebbene sia stata cucinata dalle esperte e talentuose mani di Luca Zingaretti, con il prezioso e immancabile supporto del suo staff.

La visione resta comunque godibile, affascinante e in alcuni passaggi anche intensa e commoventa, ma molto lontana dalle vette di qualità raggiunte dalla serie negli ultimi anni.

La delusione verrà spazzata via da “Un diario del ’43”, che vedremo in onda lunedì 18 febbraio. Qui sarà possibile dire addio in modo appropriato al personaggio del dottor Pasquano, interpretato meravigliosamente per diciotto anni da Marcello Perracchio, scomparso nel 2017.

La Palomar, il cast e lo stesso Camilleri si sono uniti nel ricordo. Ma siamo certi che Pasquano, ascoltando dall’alto le futili polemiche di queste ore, non avrebbe alcun dubbio nel gridarci contro: “Non rompete i cabasisi”.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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