Al cinema: 7 minuti

Un film di Michele Placido. Con Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Ottavia Piccolo, Cristiana Capotondi, Maria Nazionale, Clèmence Poesy, Sabine Timoteo, Erika D’Ambrosio. Drammatico, 88′. 2016

7 minuti, locandina

In Italia stiamo vivendo la stagione del “Jobs act”, di un totale stravolgimento dell’idea di lavoro e della progressiva riduzione dei diritti dei lavoratori.

Oggi il paradosso è che chi vuole mantenere il posto oppure ottenerlo, fresco di studi, non ha tanto bisogno delle giuste competenze, di professionalità e serietà, semmai dell’attitudine a ingoiare rospi amari senza protestare e annullarsi come persona.

Qualunque professione si decida di intraprendere, prima o dopo si rischia di dover rispondere alla fatidica domanda: “Ma tu, per questo lavoro, a che cosa sei disposto a rinunciare?”.

Il drammaturgo Stefano Massini, colpito da un fatto di cronaca accaduto nel 2012 in Francia, a Yssingeaux, ha voluto scrivere dapprima un testo teatrale, che è diventato uno spettacolo portato con successo in giro per l’Italia, e dopo coinvolgere Michele Placido nella realizzazione della trasposizione cinematografica. “7 minuti” ha impiegato due anni per vedere la luce, e uscirà il 3 novembre nei cinema.

La storia, purtroppo, vi suonerà familiare. I proprietari di un’azienda tessile cedono la maggioranza della proprietà a una multinazionale. Sembra che non siano previsti licenziamenti, e operaie e impiegate possono tirare un sospiro di sollievo. Ma nell’accordo c’è una piccola clausola che la nuova proprietà vuole che il Consiglio di fabbrica ratifichi: rinunciare a 7 dei 15 minuti previsti di pausa pranzo.

Undici donne sono chiamate a decidere, in rappresentanza di tutti i lavoratori, se accettare la richiesta oppure no. A poco poco il dibattito si accende, ma a emergere, prima del voto finale, sono soprattutto le storie di questi personaggi, un caleidoscopio di vite diversissime e pulsanti, vite di donne, madri, figlie. Undici donne a confronto, ognuna con i suoi problemi esistenziali e di vita spicciola – ad esempio come trovare a fine mese i soldi per fare la spesa.

7 minuti, scena

Come ci ricorda lo stesso Michele Placido nelle note di regia, la struttura e soprattutto lo sviluppo narrativo di “7 minuti” evocano il film “La parola ai giurati” di Sidney Lumet. In quel caso avevamo un giurato dubbioso nel condannare un probabile innocente chiamato a scontrarsi contro le certezze degli altri; qui Bianca (Piccolo), portavoce delle operaie, è sola contro le compagne, pronta a difendere con ostinazione la sua convinzione che dietro la richiesta a rinunciare a quei 7 minuti ci sia in realtà una trappola.

Non esistono i buoni e i cattivi, né tanto meno una posizione giusta e una sbagliata, in questo film. Ogni donna porta avanti con forza, sincerità e determinazione il proprio punto di vista e la propria precarietà economica e personale.

La resistenza di Bianca all’accordo è lo strumento usato dai due sceneggiatori per far riflettere gli altri personaggi e soprattutto il pubblico su quanto oggi, per la necessità di non perdere il lavoro, la maggioranza degli individui sia disposto a rinunciare a qualsiasi diritto, ottenuto magari con sacrifici, sudore e sangue dalle generazioni precedenti.

“7 minuti” è una splendida e riuscita rappresentazione della nostra società e delle sue gravi e profonde contraddizioni; una storia ben interpretate da un valente e talentuoso cast composte da attrici carismatiche e di grande presenza scenica.

Il limite della pellicola, a mio avviso, è quello di raccontare questo dramma attuale con troppa enfasi e retorica, perdendo in alcuni passaggi spontaneità e diventando auto-referenziale e troppo studiata.

La regia di Michele Placido è esperta, solida, al servizio del cast, ma denota la mancanza di una precisa identità artistica. Per intenderci, nell’acclamato “Perfetti sconosciuti” Paolo Genovesi, con la sua regia, contribuisce a far compiere il salto di qualità al film; Placido invece fallisce nell’obiettivo.

Il finale è ben costruito, e anche se nel suo aprire alla speranza, soprattutto per le nuove generazioni, risulta forse un po’ prevedibile non stona. Lascia in chi guarda la piacevole sensazione che questa storia dovesse finire proprio così.

 

Il biglietto da acquistare per “7 minuti” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.





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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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