“Favolacce”: i fratelli D’Innocenzo dirigono una favola nera e vera

Incomprensioni tra genitori e figli in una periferia romana che è immagine di tutta la nostra società

Un film di Fabio D’Innocenzo, Damiano D’Innocenzo. Con Elio Germano, Tommaso Di Cola,  Giulietta Rebeggiani, Gabriel Montesi, Justin Korovkin. Drammatico, 98′. Italia 2020

Una calda estate in un quartiere periferico di Roma. Nelle villette a schiera vivono alcune famiglie in cui il senso di disagio costituisce la cifra esistenziale comune anche quando si tenta di mascherarlo. I genitori sono frustrati dall’idea di vivere lì e non altrove, di avere (o non avere) un lavoro insoddisfacente, di non avere in definitiva raggiunto lo status sociale che pensavano di meritare. I figli vivono in questo clima e ne assorbono la negatività cercando di difendersene come possono e magari anche di reagire.

 

Frequentando i festival ho imparato una cosa: i film che mi piacciono di più sono solitamente quelli che vado a vedere senza aspettative, non avendo letto nemmeno la sinossi, pronta a farmi sorprendere. È andata così anche con  “Favolacce” dei fratelli D’Innocenzo, in gara per l’Orso d’Oro alle Berlinale 2020.

La storia che ci raccontano i due gemelli registi si svolge nella periferia romana, ma potrebbe essere ambientata in qualsiasi luogo perché è la storia universale delle incomprensioni tra genitori e figli, il ritratto della disillusione come condizione umana.

Le favole che allietano l’infanzia diventano così favolacce, storpiate e involgarite dalla realtà. Non possono concludersi con un: “E vissero tutti felici e contenti”, perché la felicità non pervade i cuori di questi bambini, nonostante il sole, i giochi e il caldo dell’estate.

La bellezza in superficie nasconde una torbida tristezza, di cui nessuno si accorge. E i mostri delle favole forse sono gli stessi adulti, assorbiti nel loro arido mondo di competizione e insoddisfazione, dove l’attenzione per l’apparenza (i voti in pagella, il prato curato e così via) va a discapito della sostanza.

“Favolacce” è un film estremo, a tratti delicato come una farfalla, a tratti perforante come una pugnalata, che non può lasciare indifferente lo spettatore. La sceneggiatura è incalzante eppure non segue mai un ritmo veloce, nemmeno nei momenti clou, resta sempre normale, anonima, proprio come le vite della gente che continuano a scorrere uguali nonostante le tragedie di cui sentono al telegiornale.

Le performance di tutto il cast, bambini e adulti – tra questi ricordiamo Elio Germano, al suo secondo film di questa Berlinale -, colgono perfettamente le sfumature e gli eccessi dei personaggi.

La conferenza stampa seguita alla proiezione è stata un “Fratelli D’Innocenzo Show”: spontanei, divertenti e acuti, i registi hanno raccontato di aver avuto l’idea del film quando avevano solo diciannove anni, ma di aver aspettato che maturasse per realizzarla a dovere.

Speriamo che la loro pazienza e il loro talento vengano riconosciuti con qualche premio, perché se lo meritano davvero.

 

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Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

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