“Da 5 bloods – Come fratelli”: Spike Lee si confronta con il Vietnam

Un film duro e cinico, che alterna con successo momenti da documentario e momenti di finzione

Un film di Spike Lee. Con Chadwick Boseman, Paul Walter Hauser, Giancarlo Esposito, Jean Reno, Jasper Pääkkönen. Drammatico. USA 2020

Paul, Eddie, Otis e Melvin sono quattro veterani afroamericani, sopravvissuti alla guerra in Vietnam. Insieme a “Stormin'” Norman, il loro caposquadra caduto in battaglia, formavano i Five Bloods, un gruppo la cui unione andava di là dell’appartenenza allo stesso plotone di fanteria. A unirli erano un legame speciale e un tesoro sepolto, insieme a Norm, nella giungla del Vietnam. Quasi cinquant’anni dopo i quattro amici ritornano laggiù, per chiudere i conti con il passato e con i suoi segreti inconfessabili.

 

Non bastasse la pandemia, da qualche settimana è una nuova ondata di razzismo a far tremare pericolosamente la potente democrazia americana. Se però la prima è un evento imprevisto, la seconda è un “virus” che torna ciclicamente a mietere vittime e innescare proteste.

Alla luce di questa tesa situazione il nuovo film di Spike Lee, “Da 5 bloods – Come fratelli”, disponibile dal 12 giugno su Netflix, assume inevitabilmente una diversa e maggiore valenza socio-politica agli occhi dello spettatore, anche europeo.

Spike Lee racconta la propria versione della guerra in Vietnam, utilizzando una prospettiva inedita: quella di quattro soldati afroamericani, sopravvissuti all’orrore del conflitto ma mai accettati – o ricompensati – davvero in patria.

“Da 5 bloods” si muove, a livello narrativo e stilistico, su due livelli: il primo di stampo documentaristico, il secondo di pura fiction. Storia e finzione si alternano con l’intento di sottolineare, anche visivamente, le contraddizioni di un Paese, gli Stati Uniti, trascinato in un conflitto lungo e sanguinoso.

La parte documentaristica – a mio avviso quella più bella e potente – fa conoscere ai giovani la coraggiosa quanto scomoda posizione del campione di pugilato Muhammad Ali, mostra le manifestazioni di protesta organizzate nelle strade e nelle università, rievoca la carismatica figura di Martin Luther King.

Per quello che riguarda la fiction, il ritorno in Vietnam, con la sofferta rievocazione del conflitto da parte dei quattro veterani, è un inizio tradizionale, già visto in numerose pellicole. Ma con il trascorrere dei minuti lo spettatore capisce che la sceneggiatura va oltre, delineando una ricerca di pace e un disperato desiderio di dare una svolta a una vita costellata da fallimenti e sacrifici.

Un film duro e cinico, che si muove nel solco del cinema impegnato e politico di Spike Lee ma mostra anche, in una sorta di anticipazione del presente, i sentimenti di rabbia e delusione covata dalla maggioranza degli afroamericani nei confronti del governo.

Pur non sfigurando, in fase di scrittura e successivamente sul piano interpretativo, nel confronto con alcune pellicole di grande impatto sul tema del Vietnam – come “Apocalypse now” e “Nato il  quattro luglio” -, “Da 5 bloods – Come fratelli” lascia però allo spettatore la paradossale sensazione di star guardando un film “di neri” che emulano azioni e pensieri dei bianchi.

A lasciare perplessi sono anche alcuni passaggi lenti e ripetitivi, e delle scelte registiche poco felici, che generano un’eccessiva dispersione della storia e una perdita di ritmo e pathos.

Spike Lee si conferma un regista politicamente schierato, coraggioso, oltre che un attento conoscitore della società americana, capace di sottolineare come, nonostante gli errori del passato, certe situazioni tendano tristemente a ritornare…

 

Il biglietto da acquistare per “Da 5 bloods – Come fratelli” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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