Amarcord in tv: torna su Rete4 il Maurizio Costanzo Show

Maurizio CostanzoÈ difficile recensire, raccontare, descrivere l’amarcord di un teledipendente. Il teledipendente non può mostrare i propri sentimenti in pubblico, perché teme di essere deriso, messo alla gogna e lapidato dagli aspiranti intellettuali. Essere teledipendente oggi è un po’ come essere stato democristiano in passato, se lo sei lo neghi.

La tv generalista è cambiata tanto negli ultimi anni – anche troppo, oserei dire. È un po’ come se vivesse costantemente sotto il bisturi del chirurgo estetico, per cercare di competere con il tempo che passa e con le reti satellitari e a pagamento. I risultati dei ritocchini, purtroppo, sono sempre assai modesti.

Eppure, in quella televisione che oggi stenta a trovare la sua strada, c’era qualcosa di buono e giusto, c’erano dei punti fermi.

Uno di questi pilastri era il Maurizio Costanzo Show, programma in onda alle 23 su Canale 5 (già perché allora la prima serata iniziava alle 20:30 pensate un po’). Non voglio fare l’insegnante di storia dei media pedante, ma Costanzo, con il suo show, ha scritto delle pagine indimenticabili di televisione e, ahinoi, ha anche creato – novello dottor Frankenstein – tanti mostri che ancora oggi popolano gli studi. Con le sue 4.392 puntate il suo è stato il programma più longevo della tv italiana.

Quando, nel 2009, Mediaset decise di chiudere dopo 27 anni di imperturbabile attività (il format aveva infatti esordito nel 1982), furono molte le persone che caddero nella più nera depressione. All’epoca vennero anche segnalati in tutta Italia casi di soggetti smarriti, che vagano per le città dopo le 23 senza una meta.

Nei piani alti di Cologno Monzese qualcuno deve essersi messo una mano sulla coscienza – chissà che qualcuno di questi nottambuli erranti non fosse un parente. Il Maurizio Costanzo Show è stato quindi resuscitato, traslato su Rete4, e in prima serata. Per quattro puntate.

I social hanno risposto bene al ritorno dello show – su Twitter è stato trend topic per tutta la serata di ieri. I nostalgici puristi hanno mostrato di apprezzarlo, nonostante un ritmo lento e monocorde e una certa confusione nei contenuti. Chi invece con il passato ha decisamente tagliato il cordone ombelicale – e, tornando al paragone politico, oggi probabilmente è un renziano – ha commentato che mandare in onda una serata da una casa di riposo sarebbe stato più divertente.

studio

Sapete che, televisivamente parlando, sono molto di bocca buona (scusate il doppio senso, ma dopo aver ascoltato per due ore i dialoghi tra Mara Venier, Rocco Siffredi e l’imbarazzante Enzo Iacchetti anche un vero inglese perderebbe il proprio self controll) e quindi non sono mai tenero.

Per non annoiarvi, mi lascerò andare soltanto a due brevi considerazioni. Primo: il Maurizio Costanzo Show non va giudicato con i parametri televisivi attuali, secondo i quali frenesia, ignoranza e apparenza fisica sono le carte vincenti per portare un programma a imporsi nella gara degli ascolti. La televisione di Costanzo è fatta di ironia pacata, di lentezza e riflessione, di studiati fuori programma.

Oggi gli autori non sanno più scrivere, si nota la pochezza artistica e creativa, assistiamo ogni giorno al vuoto pneumatico dei cervellini televisivi. Costanzo, con il suo fare sornione, ha dato invece sempre prova di conoscere il mezzo e, soprattutto, di avere le idee chiare.

Resuscitare una cariatide che aveva fatto il suo tempo è stata una mossa vincente? Probabilmente no, soprattutto in prima serata. Ma nel vuoto domenicale, chissà che un po’ di ritorno al passato non convinca anche gli scettici a sintonizzarsi per i prossimi appuntamenti su Rete4.

Parlando del programma in sé e per sé, ho apprezzato molto il momento che Costanzo ha deciso di dedicare a tre grandi della televisione e non solo: Nino Manfredi, Gianfranco Funari e Corrado. Oggi, e qui arrivo alla seconda considerazione a cui accennavo sopra, tendiamo a dimenticare tutto troppo in fretta, eppure in tv e nei cinema nostrani abbiamo avuto anche personaggi di talento e di spessore che meriterebbero di essere menzionati. Almeno di tanto in tanto.

Io personalmente, da inguaribile nostalgico quale sono, vivo di amarcord, quindi sono favorevole alle minestre riscaldate come questa. Purché siano realizzate bene, perché altrimenti c’è il rischio concreto che anche lo spettatore più affezionato spenga la tv ed esca, cercando fuori dalle mura domestiche gli antichi e compianti sapori di una volta.


 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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