“Alla ricerca di Van Gogh”: quando l’arte non è più intoccabile

Il documentario di Haibo Yu e Tianqi Kiki Yu porta nel mondo sommerso delle riproduzioni di opere

di Alessandra Pappalardo

 

Un film di Haibo Yu, Tianqi Kiki Yu. Un film con Zhao Xiaoyong, Yue. Documentario, 80′. Cina, Paesi Bassi, 2016

A Shenzhen, a migliaia di chilometri dai Paesi Bassi, il culto di Van Gogh è più forte che mai. Dafen è una piccola città nella città, in cui fino a 10.000 contadini, convertiti in pittori, lavorano in atelier che assomigliano più a degli sweat-shop, in cui vengono riprodotte a olio su tela fino a 700 copie al mese dei capolavori del pittore olandese. A commissionare le riproduzioni sono i proprietari di negozi di souvenir turistici di Amsterdam, spesso spacciandosi per galleristi.

 

Nel quartiere di Dafen, nella città cinese di Shenzhen, Zhao Xiaoyong, ex contadino, riproduce i quadri del pittore olandese Vincent Van Gogh, senza mai aver avuto la possibilità di vedere le opere originali dal vivo.

“Alla ricerca di Van Gogh” di Haibo Yu e Tianqi Kiki Yu è un documentario che racconta uno dei rami meno famosi – almeno per noi occidentali – del commercio di opere d’arte, quello delle riproduzioni.

I due registi dipingono – è proprio il caso di usare questo termine! – uno spaccato di vita, riprendendo gli artigiani seriali, costretti a ritmi di lavoro incessanti, in contesti dove l’opera d’arte viene privata della sua aura e spogliata di ogni senso. L’arte, qui, è vista solo come mezzo per ottenere profitto.

Il viaggio del protagonista Zhao Xiaoyong, quindi, finisce per avere una doppia valenza: presa di coscienza del proprio sfruttamento e riscoperta dell’arte nella sua accezione più alta.

Difficile non pensare al filosofo tedesco Walter Benjamin e al suo saggio (“L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica“, ndr) durante la visione.

La risposta alla domanda principale che “Alla ricerca di Van Gogh” pone al pubblico, tra le righe, appare scontata: non solo l’opera d’arte non può essere riprodotta nella sua essenza originaria, frutto del vissuto, delle esperienze e della sensibilità inimitabile dell’artista, ma non può nemmeno essere “rispettata” in un contesto dove prevale la mortificazione dell’uomo e dei suoi diritti.

 

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