Al cinema: Zona d’ombra – Una scomoda verità

Un film di Peter Landesman. Con Will Smith, Alec Baldwin, Albert Brooks, Paul Reiser, Luke Wilson, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Gugu Mbatha-Raw, Eddie Marsan, Bitsie Tulloch. Drammatico, 123′. 2015

Zona d'ombra, Will Smith, Concussion, locandina

Lo sport moderno è lontano anni luce da quello di un tempo. Oggi a prevalere sono gli interessi economici e l’etica sportiva viene sacrificata al dio denaro. Chi pratica sport viene visto come una macchina produci-ricchezza, da spremere il più possibile, talvolta senza neppure badare alla sua stessa salute. A decidere sono sempre più spesso gli sponsor, che prendono il posto degli allenatori nel decidere chi deve scendere in campo e quando.

In Italia il calcio è cambiato con l’avvento delle Pay tv; i tifosi non sono più il cuore dello spettacolo, ci sono altre forze in gioco. In America questo approccio commerciale allo sport è ormai consolidato da tempo.

Il football, oltre Oceano, è considerato più una religione che un mero divertimento. Gli Stati Uniti si fermano durante il Super Bowl e la trasmissione di uno spot durante l’evento vale decine di milioni di dollari.

In un contesto del genere la salute del professionista vale poco o nulla. Il football americano è tra gli sport di contatto più violenti e rischiosi. Ma può un uomo subire ripetuti colpi alla testa per anni senza subire conseguenze? È una domanda semplice, persino banale, ma nel 2002 divenne per una tragica fatalità il punto di partenza di una ricerca condotta dal neuropatologo nigeriano Bennet Omalu (Smith).

Il dottor Omalu fu chiamato a eseguire l’autopsia sul corpo di un ex campione di football, apparentemente morto in seguito a un infarto. Dopo gli accertamenti il medico arrivò però a tutt’altra conclusione. Il cervello di chi pratica football sin da bambino arrivando poi ai massimi livelli subisce una quantità di traumi enormi, che possono portare anche a danni irreversibili.

Con il supporto del suo capo, Bennet – una sorta di nemesi del dottore televisivo per eccellenza, l’eccentrico House, professionista attento e scrupoloso, attento prima di tutto ai pazienti – iniziò a studiare le morti sospette di altri ex atleti, portando avanti la sua tesi, un chiaro j’accuse nei confronti della Nfl, poco interessata alla salute degli atleti.

Lo spettatore assiste a una spettacolare sfida, disputata non sul rettangolo verde ma nelle aule mediche; a contendersi la vittoria gli interessi economici da un lato, la salute degli atleti dall’altra. Una sfida che al pubblico italiano potrebbe ricordare quella svoltasi degli anni ’90 tra il pm di Torino Guarinello e il Coni, partita in seguito all’intervista-denuncia rilasciata dall’allenatore Zdeněk Zeman che dichiarava che “il calcio doveva uscire dalle farmacie”.

Il film, nonostante ruoti intorno a elementi medici e scientifici, riesce comunque ad avere un buon ritmo narrativo. Potremmo definirlo un medical thriller che, sebbene in certi passaggi sia retorico e un po’ scontato, appassiona e fa riflettere il pubblico.

La regia è nel complesso di buon livello, di taglio televisivo, capace di portare lo spettatore nella storia e tenere viva la sua attenzione fino alla fine, costruendo un prodotto semplice ma accattivante.

Will Smith si conferma un attore solido e duttile, capace di interpretare con naturalezza e intensità ruoli che spaziano dal comico al drammatico. Una nomination agli Oscar 2016 per questa performance non sarebbe stata fuori luogo, e non è un caso se il regista Spike Lee ha preso spunto proprio dall’assenza di Smith per dare il là alle polemiche razziali contro l’Accademy.

Bennet Omalu, nonostante l’ostracismo iniziale e le difficoltà professionali e personali derivanti dalla sua coraggiosa denuncia, ha ricevuto nel 2005 il giusto tributo da parte dell’opinione pubblica e della comunità scientifica. Il finale agrodolce del film vuole dirci che, anche nel mondo moderno dove nello sport restano ben pochi valori, la salute dell’atleta dovrebbe comunque essere la priorità per ogni medico degno di questo nome.

 

Il biglietto da acquistare per “Zona d’ombra – Una scomoda verità”: 1)Nemmeno regalato; 2)Omaggio; 3)Di Pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.





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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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