Al cinema: La foresta dei sogni

Un film di Gus Van Sant. Con Matthew McConaughey, Naomi Watts, Jordan Gavaris, Ken Watanabe, Katie Aselton. Drammatico, 110’. 2015

La foresta dei sogni, locandina

Cosa può portare un uomo a pensare di togliersi la vita? Depressione, infelicità, mal di vivere, o semplicemente la stanchezza per un’esistenza che è solo noia e routine?

È difficile darsi una risposta, eppure il pensiero di uscire di scena, stanchi di ascoltare i lamenti dell’anima, è passato almeno una volta per la mente di più persone di quante possiamo immaginare. Tanti pensano al suicidio, ma solo pochi arrivano davvero a compiere l’atto estremo.

Attenzione, qui nessuno vuole elogiare l’istinto suicida, ma solo provare a raccontare perché l’anima dell’uomo decida di smettere di lottare.

C’è una foresta in Giappone, la Aokigahara, dove ogni anno arrivano centinaia di persone infelici da tutto il mondo per porre fine alle proprie sofferenze terrene. Un luogo bellissimo e allo stesso tempo misterioso, dove si pensa di cogliere l’abbraccio consolatorio della Natura o, per chi ci crede, di Dio. La vita è un dono, eppure per molti può trasformarsi in un autentico calvario interiore.

Il regista Gus Van Sant ha voluto, in maniera coraggiosa, avventurarsi in un campo difficile quanto controverso. Esiste un limite sottile tra libero arbitrio e fede. Quali dei due è più forte? Quale prevale nell’uomo nel momento più drammatico di un’esistenza?

Un tema affascinante dal punto di vista narrativo e drammaturgico, almeno sulla carta. Purtroppo il modo con cui lo sceneggiatore Sparlinh ha scritto l’intreccio e il regista ha poi messo in scena la storia ne ha drasticamente ridotto il potenziale.

Matthew McConaughey nella pellicola di "La foresta dei sogni".
Matthew McConaughey nella pellicola di Gus Van Sant “La foresta dei sogni”.

Lo spettatore segue nel suo viaggio dall’America fino in Giappone Arthur (McConaughey), un uomo spaesato e malinconico determinato a raggiungere la foresta per prendere poi delle pasticche e suicidarsi. Arrivato sul posto, nello spirituale silenzio della foresta compare una seconda persona, Takumi Nakamura (Watanabe), ferito e in stato confusionale. Arthur è costretto a prestargli soccorso e i due uomini, soli e persi, non possono fare altro che aprirsi l’un con l’altro, rivelando i motivi che li hanno portati fin lì.

Arthur e Takumi sono molto diversi: il primo è un rigoroso matematico e un convinto ateo, diventato vedovo di recente dopo la tragica scomparsa della moglie Joan (Watts); il secondo è invece un padre di famiglia e un credente, disperato perché non è più in grado di mantenere i suoi familiari, avendo perso il lavoro. I due sono però legati da un profondo amore nei confronti delle mogli, anche se Arthur è anche oppresso dai sensi di colpa per non aver avuto il tempo di chiarire il suo rapporto con Joan.

Due uomini infelici e bisognosi d’amore, insomma, che hanno deciso di suicidarsi. Il loro incontro cambia però un copione già scritto, spingendoli a pensare di potersi dare una seconda possibilità, invece di chiudere la storia.

Il film è una sorta di “Surviror” dell’anima, dove il protagonista Arthur deve però affrontare anche il dolore fisico per ottenere la catarsi spirituale. La foresta giapponese è un luogo fisico, ma anche un’entità metafisica dove tutto può succedere e nulla è come sembra.

Buone potenzialità, dicevamo. La sceneggiatura, però, è troppo ondivaga e non trova mai un’identità precisa, finendo anche per annoiare lo stremato pubblico.

È davvero un peccato aver sprecato così il talentuoso cast che avrebbe meritato, per l’impegno profuso, di avere un indirizzo registico forse più semplice e meno sofistico – tanto sofistico che in certi punti si ha l’impressione di avere davanti una “super cazzola” di monicelliana memoria.

Il finale è troppo lungo, affettato e retorico. È vero che idealmente dice allo spettatore “vivi e apprezza la tua vita, comunque essa sia”, un bel messaggio di speranza, ma dopo la proiezione si finisce soprattutto per gioire per l’arrivo dei titoli di coda ed essere quindi ben poco ricettivi.

 

Il biglietto da acquistare per “La foresta dei sogni” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.





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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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