Al cinema: Italo

Italo, locandinaUn film di Alessia Scarso. Con Marco Bocci, Elena Radonicich, Barbara Tabita, Vincenzo Lauretta, Martina Antoci, Lucia Sardo, Andrea Tidona, Tuccio Musumeci. Drammatico, 100′. 2014

 

L’uomo è, il più delle volte, un essere egoista, cattivo e spregevole. Tradisce, arriva fino a uccidere gli amici e persino i propri cari per mero interesse. Eppure il cane è per definizione il suo migliore.

Un cane non tradisce, resta accanto al padrone in ogni circostanza, dà la zampa senza chiedere nulla in cambio. Gli animali non parlano, è vero, ma spesso hanno un’anima e una sensibilità che noi uomini neanche ci sogniamo. Quando nell’estate del 2009 ebbe inizio il mio calvario umano, e niente e nessuno poteva consolarmi, i gatti di mio fratello Piero non mi abbandonarono mai, coccolandomi e dandomi continue dimostrazione d’affetto.

Gli animali, e in particolare i cani, diventano oggi parte integrante della famiglia, quasi dei “figli” per alcuni. Il cinema ha saputo raccontare alcune storie di amicizia e attaccamento canino, commuovendo e divertendo il pubblico. Siamo cresciuti con Rin Tin Tin e Lassie, poi con Rex, qualche anno fa abbiamo pianto per Hachiko, esempio di fedeltà e amore, nel bel film di Lasse Hallström con Richard Gere.

Ebbene oggi anche noi italiani possiamo dire di avere il nostro “Hachiko”. Nella pellicola di Alessia Scarso viene infatti raccontata la storia – o se vogliamo, la favola – di Italo Barocco, un cane randagio di origini sconosciute che nel 2006 appare per le strade di Scicli, cittadina barocca del Ragusano, provocando inizialmente timore e perplessità nella popolazione contraria al randagismo.

Italo, però, non è un cane come gli altri e in poco tempo conquista la fiducia di Carmelo (Lauretta), figlio di Antonio Blanco (Bocci) vedovo e soprattutto sindaco del paese, impegnato a ottenere la riconferma in una rusticana campagna elettorale contro l’esuberante ed eccentrica rivale Luisa (Tabita).

Melo è un ragazzo schivo, silenzioso e amante della botanica come la defunta madre. La simpatica e “nordica” maestra Laura (Radonicich) cerca di aiutarlo a uscire dal guscio e a relazionarsi con i compagni coinvolgendo in diversi progetti.

Se gli adulti lentamente comprendono il valore di Italo, come spesso accade sono i bambini i primi a legarsi al cane e a esaltarne le virtù. Italo diventa in poco tempo la “mascotte” del paese grazie ai suoi modi quasi umani. Una sera salva una barista dall’agguato di ladro, presenzia agli eventi pubblici della città, va al cinema come tutti, accompagna i turisti alla scoperta delle bellezze di Scicli.

Italo è una storia d’amore, non quella che la regista cerca in maniera poco efficace e un po’ forzata di far nascere tra Antonio e Laura, bensì quella tra un cane e un’intera comunità. Una storia dai due volti: semplice, delicata, lineare, che regala pennellate di poesia ed emozioni quando sulla scena protagonista è Italo insieme ai bambini; banale e poco originale quando scendono in campo gli adulti.

Un testo di per sé arioso e divertente, che perde però forza e magia quando tenta di strizzare l’occhio al pubblico femminile, cercando di esaltare le virtù da seduttore di Marco Bocci. Forse si poteva dare maggior risalto alla storia d’amore dei “piccoli” Melo e Chiara, che all’occhio del pubblico appare più credibile, sincera ed emozionante.

I dialoghi, anche se non particolarmente incisivi e memorabili, sono comunque coerenti con lo spirito del film.

Piace nel complesso l’esordio alla regia di Alessia Scarso, anche se il film ha un taglio prevalentemente televisivo. Convince il suo modo di portare lo spettatore a osservare attraverso gli occhi di Italo la comunità umana, a sorridere della mentalità dell’uomo, tra tradizione e apertura al cambiamento. Chi ama la serie del commissario Montalbano anche per via dei meravigliosi paesaggi naturali non potrà non apprezzare questo film: grazie anche a un brillante montaggio e a una talentuosa fotografia, Scicli diventa coprotagonista della storia.

Il cane che ha prestato il volto – pardon, il muso – a Italo meriterebbe una nomination ai prossimi David di Donatello per le notevoli doti interpretative comiche e drammatiche. Da oggi i critici dovrebbero stare più attenti nell’usare espressioni come “quell’attore recita come un cane”, rischiano la querela e la smentita.

Marco Bocci non è Richard Gere – chissà magari un giorno… ma ad oggi ne deve mangiare di pane e cicoria. Seppure la sua performance sia stata pulita convince solo in parte nel ruolo, divertendo comunque come seduttore imbranato. Ma l’accenno di love story con Elena Radonicich appare debole nella forma e nella sostanza. Non conoscevo quest’attrice – un volto fresco, un certo talento – che però nella pellicola in questione non emerge più di tanto.

Divertente e riuscita l’interpretazione di Barbara Tabita nel ruolo di Luisa; buona scelta dei tempi comici senza mai essere eccessiva. Meritevoli di menzione sono anche Vincenzo Lauretta e Martina Antoci per la spontaneità e la naturalezza dimostrata.

Il finale, tragico e forse un po’ troppo celebrativo, ha comunque un che di poetico e commovente anche grazie alla bravura e intensità interpretativa di Tuccio Musumeci nel ruolo di Natalino, che lascia lo spettatore con la piacevole sensazione che a volte la realtà può diventare favola.

 

Il biglietto d’acquistare per “Italo” è : 1) Neanche regalato 2) Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre


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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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