Un film di Ciro De Caro. Con Roberto Caccioppoli, Claudia Vismara, Rossella d’Andrea, Sara Tosti, Gianni D’Andrea, Anita Zagaria, Nicola Dipinto. Drammatico, 100’. Italia 2016

Tre anni fa “Spaghetti story”, esordio alla regia di Ciro De Caro, diventò un caso, raccogliendo consensi di pubblico e critica nonostante non avesse alle spalle una vera distribuzione.

Così quando ho visto sul programma della Festa del Cinema di Roma, sezione Alice nella città in collaborazione con il Kino, il suo nuovo film non ho potuto non dare una possibilità al regista romano.

Acqua di marzo”, diciamolo subito per onestà intellettuale, non è all’altezza del precedente film, soprattutto sul piano narrativo e dello sviluppo della storia.

Né commedia né dramma, ma ibrido riuscito a metà, perde in brillantezza, originalità e freschezza, che erano stati i cavalli di battaglia dell’opera prima.

De Caro ha avuto questa volta qualche risorsa in più, e più tempo – “Spaghetti story” venne girato in undici giorni, “Acqua di marzo” in tre settimane – e questo si nota nella solidità, nella forma e nello stile di un film completo, sebbene sempre low budget.

Libero (Caccioppoli) e Francesca (Vismara) convivono. Lui sogna di fare il musicista ma si mantiene lavorando come agente pubblicitario, lei è un’aspirante attrice. Il loro rapporto è in crisi, più per le frustrazioni lavorative che per il reciproco disinteresse.

Quando l’uomo torna a Battipaglia perché la nonna sta morendo, dovrà confrontarsi con l’ansiosa e opprimente madre Pina (Zagaria) e con il padre. Qui incontrerà anche Neve (d’Andrea), una ex compagna di scuola, separata con figlia.

Da commedia quando in scena ci sono Anita Zagaria e l’esordiente Gianni D’Andrea nel ruolo dell’eccentrico e sognatore prete di paese, il film diventa generazionale e introspettivo quando lo spettatore osserva il quasi triangolo di cui sono protagonisti Libero, Francesca e Neve.

Il cast è di assoluto livello, credibile, naturale e talentuoso nel dare una precisa connotazione ai personaggi.

Ciro De Caro e gli altri due sceneggiatori firmano una buona drammaturgia, che risulta però un po’ pretenziosa, dispersiva e caotica, con il suo affrontare troppe tematiche.

È comunque interessante la struttura narrativa, divisa tra salti temporali e flashback, che contribuiscono a creare un discreto pathos.

La regia di De Caro si è fatta più matura, esperta e solida, mantenendo la propria cifra creativa, ma risulta penalizzata da un ritmo narrativo abbastanza compassato per il genere.

Il finale, simbolico e poetico, è probabilmente la parte meno riuscita del film con il suo tentativo di tenere insieme la finzione e il senso profondo della vita, la ricerca dell’anima gemella e il sogno di invecchiare con qualcuno che si ama.

 

Il biglietto da acquistare per “Acqua di marzo” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio (con riserva); 4)Ridotto; 5)Sempre.

Previous article“Baby Boss”: contro il calo delle nascite un agente segreto mignon
Next articleCapillari rotti e inestetismi: la terapia sclerosante è la soluzione
Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here