“Abracadabra”: una commedia spagnola che… ipnotizza

Pablo Berger dirige un film stralunato e grottesco, meno leggero di quanto potrebbe sembrare

di Pasquale De Carlo

 

Un film di Pablo Berger. Con Maribel Verdú, Antonio de la Torre, José Mota, Josep Maria Pou, Quim Gutiérrez. Commedia, 97’. Spagna, 2017

Carmen ha un marito che non la vede più: perennemente attaccato al televisore per guardare le partite di calcio, di nessun aiuto in casa ma con innumerevoli pretese, Carlos è diventato un estraneo volgare e ingombrante. Al matrimonio di un parente il cugino di Carmen, Pepe, si esibisce in un numero di ipnotismo e Carlos si candida come volontario, con l’intenzione di mettere in ridicolo il povero Pepe, che per di più ha una cotta per sua moglie. Ma la situazione gli si rivolterà contro, e Carlos si ritroverà abitato dallo spirito di Tito, ambiguo personaggio che ha avuto il suo momento d’oro negli anni Ottanta.

 

Nella trasandata periferia di Madrid la bella Carmen è costretta a subire i maltrattamenti di Carlos, marito aggressivo e zotico. Finché, in seguito a una ipnosi amatoriale a cui l’uomo si era proposto volontario durante una festa, diventa improvvisamente gentile e affabile. Che uno spirito si sia impossessato di lui?

Detta così sembra quasi la trama di un horror, invece “Abracadabra” è una commedia dolce che affronta un tema drammatico come l’abuso domestico in modo candido, quasi fanciullesco, attraverso l’elemento magico, sempre presente in questo film spagnolo diretto da Pablo Berger.

La protagonista, interpretata da Maribel Verdù, è costantemente sospesa fra la paura e il piacere di avere a che fare di punto in bianco con una persona che del marito ha solo l’aspetto fisico.

Comincia perciò a indagare insieme al cugino, apprendista stregone a tempo perso (Mota) su chi possa essersi impossessato del corpo di Carlos (de la Torre). Da qui comincia un’indagine bislacca dalle tinte soprannaturali che porterà verso una scoperta assurda.

Non mancano i momenti esilaranti in questo film in cui l’occulto contribuisce a contornare di allegorie una storia dalla profondità femminile.

L’originalità della sceneggiatura è accompagnata da un’ottima regia che mette in risalto la dolce incertezza di una donna stanca di subire ma timorosa di perdere il marito. Un’immagine, questa, ribaltata dal fiammeggiante femminismo sessantottino per cui la donna, finalmente, è in grado di prendere in mano il suo destino.

Da vedere!

 

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