di Davide Martini

 

Come qualcuno ricorderà, avevamo parlato del film “Noah” di Darren Aronofsky come di un colossal-polpettone biblico di oltre due ore. I giudizi in merito erano (e restano ancora oggi) positivi perché la pellicola soddisfa lo spettatore sia a livello narrativo che a livello estetico, considerata l’elevata qualità degli effetti speciali.

Tra le scene più emozionanti c’è sicuramente quella in cui Noè è alle prese con lo scioglimento delle gomene che tengono l’arca ancorata al terreno. Tutt’intorno una turba di loschi individui si accalca e tenta un ultimo disperato arrembaggio al vascello, mentre i fedeli Vigilanti di roccia li falciano con pesanti catenacci, pur di tenerli a debita distanza da Russel Crowe e famiglia.

Fermi tutti. Sarà solo per un eccesso di ignoranza biblica da parte di chi vi scrive, ma la prima domanda che (penso) mi sia venuta in mente è stata: ma da dove spuntano questi Vigilanti (watchers, in lingua originale)?

La maggior parte di noi li ha accettati nella finzione filmica che ce li descrive come angeli caduti, puniti da Dio per aver voluto seguire Adamo sulla Terra, anche se forse, già in sala, avevamo nutrito qualche dubbio sull’aderenza della pellicola alla Bibbia.

Si incomincia però a storcere parecchio il naso proprio nella scena di cui parlavamo prima, soprattutto perché a un tratto sembra quasi di essere catapultati in una Terra di Mezzo di tolkeniana memoria. Non c’è dubbio che questi esseri massicci dalla camminata claudicante e dal vocione profondo ricordino per certi versi Barbalbero e gli Ent.

Tornati a casa, quanti di voi hanno controllato il sesto libro della Genesi per capire se vengono davvero citati dei giganti di roccia? No – fughiamo ogni dubbio per chi non avesse voglia di controllare -, nella Bibbia di loro non c’è traccia.

Potrebbero essere soltanto un’invenzione degli sceneggiatori (Aronofky stesso insieme ad Ari Handel e John Logan), ma in realtà così non è.

Per scoprire le origini di queste simpatiche bestiole ci viene in aiuto Megan Sauter, collaboratrice della rivista Biblical Archaeology, che ci illumina con preziose nozioni. Del Diluvio Universale non ha parlato solo la Bibbia, ma anche altri testi ebraici e cristiani, tra cui l’apocrifo Libro di Enoch.

Poco importa chi sia stato a scrivere questo testo, quello che conta per la nostra riflessione è che nel volume compare una versione alternativa del racconto sul Diluvio. Qui si narra che i Vigilanti, dopo essere caduti sulla Terra, si unirono a delle donne generando la stirpe dei Nephelim, guerrieri di grande valore, che fecero della guerra e della discordia il loro stile di vita.

I Vigilanti avrebbero in seguito fatto dono delle loro angeliche conoscenze ai figli, affinché prosperassero in pace, ma questo al contrario li condusse ancora di più sulla strada della depravazione. A quel punto, gli stessi Vigilanti presero la decisione di devastare la Terra, distruggendone i raccolti e costringendo la popolazione a soffrire la fame: così facendo l’Onnipotente si sarebbe convinto a scatenare il Diluvio, per riequilibrare le cose.

Ci siamo arrivati, finalmente, ogni dubbio è sciolto: i golem di pietra di “Noah” non sono altro che gli angeli caduti del Libro di Enoch.

Forse non si tratta che di una curiosità, di un dettaglio, ma dimostra ancora una volta come Hollywood, nel momento in cui decide di investire in un film a sfondo religioso, non si preoccupa molto se il contenuto sia conforme alle Scritture.

Non bisogna dimenticare, infatti, che l’obiettivo resta sempre quello di sbancare al botteghino, cercando di raggiunge fasce variegate di pubblico – anche gli amanti della religione e i credenti convinti, perché no?!

Allo stesso modo, però, e lo dimostra bene il grande dibattito che si è creato intorno al film, non è da escludere che si sia trattato di una tattica inversa di marketing ben studiata, in linea con quella messa in atto per “Il codice Da Vinci”, che ha portato in sala anche milioni di spettatori scettici.

Risultato: doppio pubblico, doppio incasso. Per questo, in fatto di film, ben venga la fides, purché con la si prenda con (tanta) ratio.

 

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